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Channel: Architettura Ecosostenibile: bioarchitettura, design e sostenibilità
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Fotocatalisi: lampade LED purificano l'aria

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La necessità di vivere in un ambiente più pulito e salubre esorta, ormai da tempo, i ricercatori a pensare ad un uso ecocompatibile della luce e del sole e ad indagare, nell’ambito della fotochimica applicata ai materiali da costruzione, nuove strategie per ridurre l’inquinamento ambientale. Negli ultimi anni l’interesse scientifico e tecnico per le applicazioni della fotocatalisi è aumentato in misura considerevole, fino ad approdare alle lampade con tecnologia LED per purificare l'aria.

LA FOTOCATALISI PER PURIFICARE L'ARIA

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Cos'è la fotocatalisi

Akira Fujishima dell’università di Tokio nel 1990 è stata la prima ad osservare che una pellicola di biossido di titanio sotto l’azione della luce del sole azionava un processo di fotocatalisi.

La fotosintesi clorofilliana delle piante è un tipico esempio di fotocatalisi. A differenza della fotosintesi, in cui la clorofilla cattura la luce solare per trasformare acqua e anidride carbonica in ossigeno e glucosio, la fotocatalisi (in presenza di un catalizzatore e di luce) genera un agente ossidante in grado di trasformare le sostanze organiche presenti nell’aria in anidride carbonica e sali (nitrati di sodio e di calcio).

È un processo che già avviene in natura ma che la fotocatalisi accelera. I sali che si depositano al suolo vengono rimossi dal vento e dalla pioggia, mentre l'anidride carbonica si disperde nell'atmosfera.

Il fotocatalizzatore in questo caso è il biossido di titanio (TiO2) che, irraggiato dalla luce solare o da una lampada a raggi UV sulla lunghezza d'onda 400-315 nm, assorbe l'energia portata da un fotone e scatena la reazione che decompone le sostanze inquinanti organiche ed inorganiche presenti nell’aria sottoposta al processo. Il meccanismo con cui i materiali come il biossido di titanio trasferiscono l’energia assorbita dalla luce ad altre sostanze poste nelle loro immediate vicinanze consiste nella donazione di elettroni. Il titanio non interviene nella reazione fotocatalitica, la favorisce soltanto prestando i suoi elettroni che successivamente riacquista dall'ambiente. Quindi non si consuma. Il biossido di titanio si comporta solo come accettore di elettroni. 

Applicazioni tradizionali della fotocatalisi

Sono stati concepiti depuratori d’aria di diverse dimensioni, da quelli per uso domestico a sistemi di ventilazione per trafori. Un’altra applicazione è quella di rivestire i materiali da costruzione con fotocatalizzatori per rimuovere gli agenti inquinanti dalle strutture. Questo metodo che può essere chiamato “passive air purification”. L’obiettivo principale è la riduzione dei livelli di ossido di azoto (gas NOx) che oltre a creare problemi respiratori, contribuisce alla formazione dello smog e delle piogge acide. I prodotti fotocatalitici in grado di abbattere l’inquinamento atmosferico rientrano nelle “Linee Guida per l’utilizzo di sistemi innovativi finalizzati alla prevenzione e riduzione dell’inquinamento ambientale” indicate dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio con decreto ministeriale del 1 aprile 2004 in attuazione della legge 16 gennaio 2004 n. 045. Secondo il CodiceST001 sono materiali fotocatalitici: “malte, pavimentazioni, pitture, intonaci e rivestimenti contenenti sostanze fotocatalitiche con biossido di titanio per la riduzione di ossidi di azoto, VOC, batteri e di altri inquinanti atmosferici”.

L’efficacia della reazione fotocatalitica è massima durante il giorno e minima nelle ore di oscurità, tranne nel caso di utilizzo di lampade a raggi UV che garantiscono quindi una stessa efficacia. Pertanto, una tipica applicazione di materiali fotocatalitici è quella di usare lampade UV per purificare l'aria. I raggi UV, tuttavia, sono anche conosciuti per i loro effetti a lungo tempo nocivi per gli essere viventi, responsabili di danni alla salute ed in particolare alla pelle.

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Applicazione delle lampade LED nel processo fotocatalitico

A differenza degli altri sistemi di illuminazione tradizionali con uno spettro continuo in cui sono presenti contemporaneamente tante frequenze cromatiche, il LED ha una sola frequenza e produce un fascio luminoso assolutamente privo di raggi infrarossi e ultravioletti. Oltre ai vantaggi in termini di risparmio energetico, durata e di sostituzione/manutenzione derivanti dal sistema di illuminazione LED, queste lampade sono utilizzate per purificare l’aria attraverso il processo di fotocatalisi, sostituendo la tecnologia tradizionale attivata dai raggi UV. Il catalizzatore, infatti, si attiva con luce visibile.

L’attività di purificazione avviene durante tutto il tempo di accensione, grazie al trattamento della lampada con una nanotecnologia, frutto di ricerca e innovazione. La luce attiva il processo di fotocatalisi che permette alle molecole di triossido di tungsteno (WO3) di generare i Reactive Oxygen Species, capaci di decomporre gli odori sgradevoli (derivanti, ad esempio, da cucina o bagno), gas e vapori inquinanti (come la formaldeide), ma anche di distruggere virus, germi e batteri. Il Triossido di Tungsteno è più efficace di qualsiasi altro agente antibatterico (e di altri materiali fotocatalitici come il biossido di titanio che reagiscono principalmente ai raggi UV). Queste innovative lampade LED, quindi, illuminano gli ambienti svolgendo contemporaneamente le funzioni appena citate.

Tra i vantaggi nell’utilizzo della tecnologia LED durante il processo fotocatalico il primo e più interessante è senz'altro il fatto che il catalizzatore, ovvero il triossido di tungsteno, non si attiva con i raggi UV; la reazione, come detto all’inizio, non consuma il catalizzatore che ricopre la superficie della lampada, quindi non c’è bisogno di nessuna manutenzione o sostituzione del film; inoltre, non vengono rilasciati materiali inquinanti.

Questa innovazione nel campo dell’efficienza energetica e della sanificazione dell’aria trova diversi campi d’applicazione: strutture di cura, residenze per anziani, ambulatori pubblici e privati, scuole, hotel, ristoranti, mezzi di trasporto pubblico e tutti i luoghi in cui è presente un forte inquinamento indoor o si rende necessario garantire la salute e il benessere delle persone.

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La contabilizzazione e termoregolazione del calore negli edifici: perchè adeguare gli impianti

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Con il D.L 4 luglio 2014, n. 102  Attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica entro il 31 dicembre del 2016 i condomini, e gli edifici polifunzionali, dotati di un impianto di condizionamento dell’aria centralizzato, o rifornito da una rete di teleriscaldamento, dovranno dotarsi di sistemi di contabilizzazione, di termoregolazione del calore e adottare il criterio della ripartizione dei costi in base alla norma UNI 10200/2015. In questo articolo, il primo di una serie di quattro, vediamo brevemente le motivazioni dell’aggiornamento normativo ed i benefici dell’adozione delle tecniche moderne di contabilizzazione e regolazione del calore.

Riscaldamento: scegliere il sistema più adatto alle esigenze

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La premessa fondamentale a questo nuovo obbligo, deriva dal riconoscimento -da parte della UE- della necessità di affrontare sfide senza precedenti, ossia di ridurre la propria dipendenza dalle importazioni di energia non rinnovabile, di razionalizzare risorse energetiche scarse, nonché di contrastare i cambiamenti climatici e, insomma, di superare la crisi economica, aggravata molto probabilmente dal fallimento del modello economico lineare, ormai insostenibile. In questo contesto, dunque, l'efficienza energetica costituisce un valido strumento. Essa può migliorare la sicurezza dell' approvvigionamento dell'Unione, riducendo il consumo di energia primaria del 20% -corrispondente a 368 MTOE (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) rispetto alle proiezioni del 1990- entro l’orizzonte temporale del 2020, diminuendo in particolare le importazioni di energia da fonti fossili e le conseguenti emissioni climalteranti. E infine, raggiungere l’obiettivo, non marginale rispetto a quanto fin qui elencato, di creare posti di lavoro di qualità elevata nei diversi settori connessi con l'efficienza energetica.

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Chi ha esperienza di partecipazione in assemblee dei condòmini, avrà sicuramente potuto constatare che, per i diversi modi di fruizione degli appartamenti (diverse esigenze d’orario, o locali inutilizzati per lunghi periodi, etc.) è altamente improbabile riuscire a soddisfare in qualche modo, e “contemporaneamente”, le diverse esigenze degli utenti, senza contrastare con il contenimento dei consumi, dei costi e quindi con il rispetto dell’ambiente. Ci aspettiamo dunque che, a conti fatti, la nuova disposizione possa finalmente essere un efficace strumento per la mitigazione delle esternalità negative e per indurre corretti comportamenti per la massimizzazione della redditività dell’investimento negli interventi di contabilizzazione dei consumi, salvaguardando il comfort all’interno dell’edificio e la salubrità dello stesso.

La termoregolazione e contabilizzazione negli impianti centralizzati

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Si tratta di due interventi che è consigliabile realizzare congiuntamente: la termoregolazione, poiché mira a ridurre il consumo di calore e la contabilizzazione, poiché serve per l’equa ripartizione delle spese condominiali.  Vediamone i principali vantaggi.

  1. Gestire il riscaldamento in base alle proprie esigenze, quindi garantire la flessibilità gestionale caratteristica del riscaldamento autonomo senza rinunciare ai vantaggi del riscaldamento centralizzato.
  2. Ottimizzare la correlazione tra la spesa attribuibile al singolo utente e il calore effettivamente prelevato dalla centrale termica.
  3. Premiare il comportamento virtuoso del singolo utente, il quale grazie all’utilizzo parsimonioso del servizio di erogazione, attraverso i dispositivi di termoregolazione, può ottenere una riduzione degli sprechi e quindi un aumento del risparmio dal 12 al 30%, corrispondente un risparmio in bolletta di circa 50 a 100 euro a bimestre. Esiste anche la possibilità di detrarre fiscalmente: del 50% gli interventi di sola installazione di termoregolazione e contabilizzazione del calore solo se è seguito a una ristrutturazione edilizia e del 65% (Econbonus) se l’intervento di efficientamento energetico riguarda la sostituzione della vecchia caldaia con una più efficiente, anche se effettuato dal condominio. Nel 2016 sono previste nuove agevolazioni nella prossima Legge di Stabilità con il nuovo bonus casa 2016 condomini.

Impianti centralizzati o termoautonomi?

Da un punto di vista puramente tecnico, gli impianti centralizzati presentano i seguenti vantaggi rispetto a quelli termoautonomi, sostenendo un'inversione di tendenza del mercato. Vediamone le principali motivazioni:

  • Minore costo di manutenzione: una sola visita annuale dell’idraulico.
  • Miglior controllo della manutenzione e maggiore sicurezza per tutti i condomini in generale.
  • Efficienza della caldaia in genere crescente con la potenza nominale.
  • In impianti molto grandi, possibilità di installare un cogeneratore oppure un trigeneratore (cogenerazione ad alto rendimento).
  • Un’unica canna fumaria, quindi si evitano i problemi di tiraggio tipici dei vecchi condomini (odori, monossido di carbonio…).
  • Possibilità di avere un unico impianto solare termico sul tetto del condominio, in parallelo con la caldaia.

Gli svantaggi dei sistemi centralizzati sono piuttosto limitati: la maggiore dispersione di calore nelle tubazioni -perché le tratte sono più lunghe, specialmente in condomini molto grandi- e i problemi “comportamentali” (il condomino che sistematicamente non paga la sua quota, quello che regola la temperatura al massimo e poi apre le finestre, e tante altre storie di ordinaria conflittualità condominiale).

Da un punto di vista tariffario, la convenienza non è così evidente come possiamo immaginare, in parte per la scarsa trasparenza che da sempre caratterizza le utilities, in parte anche per la legislazione in continuo divenire che privilegia, a seconda dei governi di turno, l'una o l'altra lobby (di fabbricanti di caldaie, installatori, ecc.).
A novembre 2015 la situazione è la seguente: l’IVA e le aliquote di accise, come si evince dalla tabella 1, variano con la regione geografica e crescono con il consumo.  

Fasce di consumo annuo Aliquota di accisa Centro Nord Aliquota di accisa Territori Mezzogiorno Aliquota IVA

Da 0 a 120 mc

0,044 €/mc 0,038 €/mc 10%

Da 121 a 480 mc

0,175 €/mc

0,135 €/mc

10%

Da 481 a 1560 mc

0,170 €/mc

0,120 €/mc

22%

Oltre 1560 mc

0,186 €/mc

0,150 €/mc

22%

Tabella 1: Imposta sul valore aggiunto (IVA) , tratta da www.famiglia.eni.it

"La somministrazione di gas naturale per usi civili, per effetto di quanto disposto dall'articolo 2 del D.Lgs. 2.2.2007 n. 26, dal 1° gennaio 2008, è soggetta all'aliquota IVA del 10% sui primi 480 metri cubi consumati in ogni anno solare e all'aliquota IVA del 22% sui consumi eccedenti tale ammontare, nonché ad aliquote di accisa (e di addizionale regionale) differenziate in relazione a quattro scaglioni di consumo, ai quali vengono imputati i consumi di ciascun anno solare."

In genere, le quote fisse e le componenti variabili di costo sono molto articolate, come si evince dalle tariffe del servizio di fornitura domestica “in maggior tutela” pubblicate dall’ENI.

Suggeriamo il seguente esercizio per valutare la convenienza di un impianto centralizzato rispetto ad uno termoautonomo: ad esempio si consideri un condominio di 6 unità abitative nella Regione Piemonte. Per semplicità, supporremo che il consumo termico annuo sia identico per tutti gli appartamenti, pari a 250 Sm3 (metri cubi standar) equivalenti di gas (PCS = 38,52 MJ/Sm3).
La Tabella 2 illustra il costo annuo per appartamento in entrambe le ipotesi impiantistiche, calcolato in base alle voci di costo definite nel sito dell’ENI.

Voce di spesa annua corrisp. unitario Impianto termoautonomo Impianto centralizzato
quantità totale quantità totale/6 unità
Componente servizio trasporto (€/Sm3) 0,045327 250 11,33175 1500 11,33175
Costi fissi distribuzione (€/anno) 61,79 1 61,79 1 10,29833333
Costi variabili distribuzione (€/Sm3)          
da 0 a 120 Sm3 0 120 0 120 0
da 121 a 480 Sm3 0,078303 130 10,17939 360 4,69818
da 481 a 1560 Sm3 0,071669 0 0 1020 12,18373
Costo della materia prima gas (€/Sm3) 0,267563 250 66,89075 1500 66,89075
Oneri aggiuntivi (€/Sm3) 0,0245 250 6,125 1500 6,125
Componente vendita al dettaglio cliente domestico  singolo (€/anno) 57,76 1 57,76 0 0
Componente vendita al dettaglio cliente domestico  condominio (€/anno) 75,86 0 0 1 12,64333333
Componente vendita al dettaglio, parte variabile (€/Sm3) 0,007946 250 1,9865 1500 1,9865
Componente squilibri e perequazione (solo condomini e utenze non domestiche, €/Sm3) 0,001336 0 0 1500 0,334
Componente fondo per risparmio energetico ed energie rinnovabili (€/Sm3) 0,0069 250 1,725 1500 1,725
Componenteoneri fondo qualità servizi (€/Sm3) 0,001526 250 0,3815 1500 0,3815
Componente eventuali squilibri perequazione ed eventuali conguagli (€/Sm3) 0,013617 250 3,40425 1500 3,40425
Compensazione dei costi di commercializzazione, parte fissa (€) -27,01 1 -27,01 1 -4,501666667
Compensazione dei costi di commercializzazione, parte variabile          
da 0 a 120 Sm3 0 120 0 120 0
da 121 a 480 Sm3 0,0376 130 4,888 360 2,256
da 481 a 1560 Sm3 0,0217 0 0 1020 3,689
Componente per servizio di misura (€/Sm3) 0,003175 250 0,79375 1500 0,79375
           
Aliquote d'accisa Centro-Nord          
da 0 a 120 Sm3 0,044  120 0 120 0
da 121 a 480 Sm3 0,175 130 22,75 360 10,5
da 481 a 1560 Sm3 0,17 0 0 1020 28,9
           
Subtotale annuo     222,99589   173,63941
IVA          
da 0 a 120 Sm3 10% 107,03803 10,70380272 83,346917 1,38911528
da 121 a 480 Sm3 10% 115,95786 11,59578628 250,04075 4,16734584
da 481 a 1560 Sm3 22% 0 0 708,44879 25,97645574
           
Totale Annuo     245,295479   205,1723269

Si osserva una convenienza di 40 € annui a favore degli impianti condominiali centralizzati rispetto a quelli termoautonomi. La condizione sine qua non, affinché detta convenienza sia effettiva, risiede proprio nella condizione che la ripartizione della spesa sia assolutamente equa, fatto possibile solo in presenza di un impianto di contabilizzazione ben progettato e correttamente installato.

La contabilizzazione e termoregolazione del calore negli edifici: responsabilità, scadenze e sanzioni.

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Con l'entrata in vigore del D.L 4 luglio 2014, n. 102  “Attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica”, i condomìni e gli edifici polifunzionali, dotati di un impianto di condizionamento dell’aria centralizzato, o rifornito da una rete di teleriscaldamento, sono tenuti ad installare entro il 31 dicembre del 2016 sistemi di contabilizzazione, di termoregolazione individuali per misurare l’effettivo consumo e al contempo dovranno adottare il criterio della ripartizione dei costi in base alla norma UNI 10200/2015. In questo articolo, il secondo di una serie di quattro, vediamo brevemente i soggetti responsabili, le scadenze per l’attuazione del Decreto e le eventuali sanzioni.

SISTEMI DI CONTABILIZZAZIONE E TERMOREGOLAZIONE PER GLI IMPIANTI

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Il quadro normativo dalla L.10/91

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Il concetto di contabilizzazione del calore, ovvero la misurazione dei consumi per il riscaldamento, il raffreddamento e dell’acqua calda per ciascuna unità immobiliare, viene introdotto per la prima volta con la L. 10 del 1991, già all’avanguardia all’epoca nella UE.

All’art. 26 del comma 5, la L 10/91 recitava: "Per le innovazioni relative all’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per la conseguente ripartizione degli oneri di riscaldamento in base al consumo, effettivamente registrato, l’assemblea di condominio decide a maggioranza, in deroga agli artt. 1120 e 1136 del Codice civile".

Al comma 6, dello stesso articolo la L 10/91 recitava: “Per gli edifici di nuova costruzione, la cui concessione edilizia sia rilasciata dopo la data di entrata in vigore della presente legge, gli impianti di riscaldamento devono essere progettati e realizzati in modo tale da consentire l’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore per ogni unità immobiliare". Insomma, la legge all’avanguardia prevedeva già l’adozione di sistemi di termoregolazione di contabilizzazione del calore sia per gli edifici esistenti che per quelli di nuova costruzione, ma senza privilegiare alcun tipo di apparecchiatura.

La L.10/91 è tutt’ora la principale fonte di riferimento, in termini gerarchici, rispetto alla serie di decreti che si sono susseguiti dal 1991 al 2014, i quali passeremo brevemente in rassegna.
Il D.P.R. 412/1993 introduce il rispetto dell’orario di accensione dell'impianto centralizzato mediante un sistema di contabilizzazione del calore, il quale diventa obbligatorio con il D.P.R. 551/1999. Il DPR 59 del 2 aprile del 2009 (art.4) introduce i seguenti concetti: adozione di contabilizzazione nel caso di mera sostituzione del generatore; obbligo di contabilizzazione in caso di ristrutturazione o d’installazione dell’impianto termico; mantenimento d’impianto centralizzato sopra alle 4 unità abitative e l’errore massimo di misura consentito dei contabilizzatori (inferiore al 5%). Il D.P.R. 59/2009 introduce l’obbligo di contabilizzazione del calore per impianti con distribuzione non equilibrata. 

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Infine, con il recente D.L. 102/2014  -dopo un periodo di politiche a favore degli impianti termoautonomi- si introduce un’alternativa più ecosostenibile nella gestione dei consumi, ovvero rendere possibile il mantenimento dei vantaggi di un impianto centralizzato e contemporaneamente la libertà di scegliere le temperature, nonché gli orari che più soddisfano le esigenze del singolo utente come avviene in un impianto termoautonomo.

Il criterio di ripartizione dei consumi

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La UNI 10200 -introdotta nel 2005, cogente con l’art. 9 del DLgs 102/2014- a giugno del 2015 sospende alcune parti dell’edizione del 2013 che avevano generato problemi interpretativi (in relazione all’applicazione della UNI EN 834 ) ed esclusione dei ripartitori aventi il fattore K (valutazione globale) non programmabile al momento dell’installazione, e diventa così il documento tecnico normativo di riferimento per l’equa ripartizione delle spese di climatizzazione invernale, di acqua calda sanitaria (ACS) in edifici condominali, a cui si aggiungono inevitabilmente anche quelle per il servizio di gestione della contabilizzazione.
Il criterio di calcolo però non contempla le spese di manutenzione straordinaria. Inoltre, la norma distingue i consumi delle singole unità immobiliari di energia termica totale in due tipi: volontari (consumo reale di combustibile fossile e di energia elettrica per ciascuna utenza) misurati mediante contatori o ripartitori di calore e involontari (dovuti alle perdite di rete e alle dispersioni dello stabile). Inoltre, ai fini del calcolo della spesa totale, il D.L. distingue i seguenti tre casi di impianti:

  1. provvisti di contabilizzazione del calore (diretta o indiretta) e di termoregolazione;
  2. provvisti esclusivamente di termoregolazione (senza contabilizzazione);
  3. sprovvisti di contabilizzazione del calore e di termoregolazione.

Vediamo brevemente le novità della nuova edizione della UNI 10200:

1) è stata cancellata la prima frase del terzo capoverso del punto 5.1.3: “I dispositivi utilizzati in caso di contabilizzazione indiretta, nella fattispecie i ripartitori, devono essere programmati in funzione delle caratteristiche e della potenza termica dei corpi scaldanti su cui vengono installati” al fine di chiarire la possibilità di utilizzo di tutte le tipologie di ripartitori;

2) è stata cancellata la frase di cui al secondo comma del punto D.1 dell’appendice D: “la programmazione dei ripartitori, ai fini del progetto dell’impianto di contabilizzazione indiretta” al fine di consentire la scelta della metodologia più opportuna come richiesto dalla UNI EN 834.

Secondo il CTI (Comitato Termotecnico Italiano) la termoregolazione senza la contabilizzazione del calore è poco utile in quanto l’utente non è motivato ad utilizzarla. E, viceversa, la contabilizzazione del calore senza la termoregolazione è ugualmente inutile perché l’utente non può regolare il proprio consumo in modo autonomo ed equo.

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Sintetizzando ai fini di una corretta gestione del servizio di contabilizzazione, il responsabile dell'impianto deve:

  • fornire agli utenti informazioni dettagliate sul funzionamento dell'impianto di contabilizzazione del calore ed istruzioni per gestire in modo consapevole l'impianto;
  • fornire agli utenti un prospetto previsionale della spesa totale per climatizzazione invernale e ACS (da fornire in caso di prima attivazione degli impianti);
  • fornire agli utenti un prospetto a consuntivo riferito ai consumi effettivamente registrati.
  • attivare le procedure di verifica della funzionalità dell'impianto di contabilizzazione e termoregolazione;
  • provvedere alla verifica dei dispositivi per la contabilizzazione e termoregolazione, in caso di consumi ritenuti anomali;
  • conservare per almeno 5 anni i consumi validati al fine di determinare il consumo storico in modo da poterli confrontare con i consumi rilevati periodicamente.

In ultima analisi, evidenziamo le seguenti criticità della norma tecnica la quale non contempla: i coefficienti correttivi in base all’orientamento dell’appartamento, rendendo così più svantaggiati quelli situati nelle zone fredde (nord e nord-est); ulteriori deroghe temporali, oltre alla prima stagione termica, dopo l’entrata in vigore dell’obbligo di adeguamento degli impianti.

Responsabilitá e sanzioni

La decisione di adeguare il condominio alle nuove disposizioni normative è in capo all’assemblea dei condomini mediante una delibera, con le maggioranze previste dal comm. 2 dell’art. 1120 del Codice Civile. L’amministratore condominiale, o un soggetto terzo, è invece tenuto a provvedere all’installazione, alla revisione dei sistemi di contabilizzazione del calore e alla termoregolazione degli impianti centralizzati di cui è legalmente responsabile. I condomini che non adeguassero il proprio immobile, entro il 31 dicembre del 2016, sarebbero soggetti a sanzioni amministrative pecuniarie da parte delle Regioni.   
In Lombardia e Piemonte, a breve, i termini di adeguamento e le sanzioni saranno allineate alle scadenze nazionali e quindi prorogate. Considerando, che i lavori vanno eseguiti nei mesi in cui le caldaie sono spente (poiché occorre svuotare d’acqua l’intero impianto e smontare tutti i caloriferi) per adeguare l’impianto al nuovo decreto, rimane ancora una sola stagione (aprile - ottobre).

Il legislatore nazionale introduce sanzioni a partire dal 2017, non solo per la mancata installazione dei dispositivi, ma anche per la ripartizione delle spese del servizio di riscaldamento non conforme a quanto previsto dalla stessa legge, che rimanda alla norma tecnica UNI 10200 e s.m.i.

Si tratta del primo caso, per quanto ci consta, di norma sanzionatoria per ipotesi di ripartizioni di spese di un servizio comune non conforme alla legge. Se al Giudice compete un controllo, di mera legittimità, sulla delibera dell’assemblea condominiale con il conseguente potere di annullare, o meno la stessa, alla Regione invece compete il potere di obbligare il trasgressore a provvedere alla regolarizzazione in termini brevi dalla contestazione immediata, o dall’avvio del procedimento sanzionatorio che può essere avviato anche su segnalazione di un qualsiasi altro terzo portatore di un interesse legittimo (inquilino).

Ai sensi dell’art. 9, comma 5, lett. d) D.Lgs 102/2014 -Criterio di ripartizione della spesa- è fatta salva la possibilità, per la prima stagione termica successiva all'installazione dei dispositivi di cui al presente comma, di suddividere  in base ai soli millesimi di proprietà. 
Ai sensi dell'articolo 9, comma 5, lettera c) ART. 16  D. Lgs 102/2014 -Sanzione per la mancata installazione- il condominio e i clienti finali che acquistano energia per un edificio polifunzionale che non provvedono ad installare adeguati sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore individuali (in corrispondenza di ogni radiatore) sono soggetti, ciascuno, alla sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2500 euro. La disposizione di cui al primo periodo non si applica quando, da una relazione tecnica di un progettista, o di un tecnico abilitato risulta che l'installazione dei predetti sistemi non è efficiente in termini di costi. Una sanzione amministrativa di pari importo viene applicata al condominio alimentato dal teleriscaldamento, o dal tele raffreddamento, o da sistemi comuni di riscaldamento o raffreddamento, che non ripartisce le spese in conformità alle disposizioni di cui all'articolo 9 comma 5 lettera d) -Sanzione per una ripartizione non conforme a norma UNI 10200 del menzionato D.L. 
In caso di accertata violazione delle disposizioni il trasgressore e gli eventuali obbligati in solido sono diffidati a provvedere alla regolarizzazione dell’impianto condominiale, entro il termine di quarantacinque giorni dalla data della contestazione immediata, o dalla data di notificazione dell'atto di cui al comma 17.

Ci auguriamo che questa nuova disposizione non si traduca in un’ulteriore tassazione occulta per tutti coloro i quali, indipendentemente dalla loro volontà, non riusciranno ad adeguare gli impianti condominiali entro i termini stabiliti dalla legge.  

Searching for sustainability street: un viaggio alla ricerca della sostenibilità

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Che cosa accade quando un trentunenne peruviano incontra una ventottenne belga? Un viaggio all'insegna della sostenibilità!

No, non è uno scherzo; quella che segue è una storia vera, un progetto concreto di un viaggio lungo un anno, un documentario, attraverso 20 paesi e più di 20 mila chilometri, alla ricerca di uno stile di vita sostenibile: “Searching for Sustainability Street. 21.500 km. 20 countries. 1 documentary.”

In copertina: il percorso del viaggio sulla “Sustainability street”.

Viaggiare sostenibile: le regole delle 3E del turismo slow

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Searching for sustainability streets: gli ideatori del viaggio

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I protagonisti sono Bruno Crepa Moreno e Lana Meeusen.

Bruno, che si definisce un ottimista, in seguito ai suoi studi di cinematografia che lo hanno portato a vivere in Perù, in Italia, in Russia, in Spagna ed in Belgio, si è reso conto che la società moderna, a dispetto delle differenze culturali, è concentrata sul raggiungimento di un unico scopo: il successo economico, a qualunque costo. Questa consapevolezza ha acceso il suo interesse per la sostenibilità da cui è scaturito il progetto; il desiderio di cambiare le cose e la sua esperienza nella produzione e nella regia hanno fatto il resto.

Il destino di Lana, che parla di sé come di una sognatrice, sembra segnato fin da bambina, quando insieme ad un amico ha realizzato il suo primo orto, tra tentativi riusciti e fallimenti.

Nel corso degli anni il suo interesse per la sostenibilità è cresciuto con lei e l’orto si è presto trasformato in un progetto di permacultura in Thailandia. Dopo una tesi sul confronto tra agricoltura industriale e colture a piccola scala, Lana ha realizzato l’importanza di uno stile di vita davvero sostenibile e per trovare una soluzione alle molte domande a cui ancora non sa dare risposta ha deciso di intraprendere questo viaggio, con un’unica certezza: il suo posto non è “la giungla urbana occidentale” lavorando dalle 9 alle 17. 

caption: Casa Maty in Spagna, sede di un’associazione che offre l’opportunità di assaporare uno stile di vita ecologico offrendo pasti salutari e mettendo a disposizione terreni in cui coltivare verdure biologiche. Sarà una delle prime tappe del viaggio.

Gli obiettivi del viaggio documentario

Bruno e Lana si sono dati un anno di tempo, a decorrere da Maggio 2016, un itinerario ben preciso, lungo 21.500 km, che parte dalla Spagna e attraversa l’Europa per arrivare fino al sud- est asiatico, dopo aver attraversato 20 paesi. La regola del viaggio è una: effettuare la loro avventura via terra in modo da ridurre al minimo le emissioni.

Nel corso del viaggio lungo la “sustainable street” realizzeranno un documentario su comportamenti, iniziative e misure adottate da differenti persone nel mondo per vivere rispettando l’ambiente; tali forme di sostenibilità saranno analizzate dal punto di vista ecologico ma anche sociale ed economico, in ambienti sia urbani che rurali e con diversi gradi di coinvolgimento: comunità internazionali, progetti di quartiere, ONG, giardini comunali, iniziative individuali.

caption: A Casa Maty alcuni volontari lavorano al loro orto biologico

Lo scopo del documentario, patrocinato dal celebre regista e produttore televisivo belga Nic Balthazar, è quello di ricercare un nuovo modo di vivere e condividerlo con il maggiore numero di persone possibile ma soprattutto…ispirare il maggior numero di persone possibile!

Vivete lentamente. Siate consapevoli. Siate critici.” esorta a tal proposito Lana dalle pagine del loro blog o, per meglio dire, del loro diario di viaggio.

La società infatti è ormai governata dalla logica del volere tutto e subito senza però fermarsi a riflettere e a domandarsi a quale costo stiamo ottenendo tutto ciò. Viviamo in un mondo in cui le persone sono ancora sfruttate, il nostro cibo è pieno di agenti chimici, il clima sta cambiando e gli effetti che lo sviluppo sconsiderato ha sull’ambiente non sono più un tabù.

Molte persone sono consapevoli che sia necessario cambiare il proprio modo di vivere per consegnare un mondo migliore alle future generazioni, ma bisogna essere anche coscienti del fatto che il nostro pianeta e le specie che lo abitano “hanno una data di scadenza” ed è giunto il momento di agire concretamente.

Bisogna perciò tenere a mente una fondamentale verità: il momento più importante delle nostre vite è adesso “perché è quello che stiamo facendo oggi che definisce quello che diventeremo domani e quello che diventeremo domani determinerà sempre la qualità e la direzione delle nostre vite”. (Hal Elrod)

Accessori per la persona in legno: orologi e occhiali in materiali naturali

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Un materiale naturale, in grado di rendere speciale qualsiasi accessorio e far sentire un po’ speciale anche chi lo indossa. Un materiale senza età, utilizzato da sempre e sempre più apprezzato.
Il legno conquista mercato. Nell’architettura come nel design di interni e nel settore moda.

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Se in architettura il legno è utilizzato prevalentemente per la realizzazione di strutture portanti e pannelli divisori e nel designi di interni per bellissimi pavimenti naturali, finiture, mobili e accessori per la casa, nel settore della moda negli ultimi anni ha trovato grande spazio negli accessori per la persona.

Indossare un accessorio in legno è un piacere non solo per il contatto indiretto che fornisce con la natura, ma anche per la piacevolezza al tatto, la sensazione di calore che dona e la sua leggerezza. Indiscutibile poi il fascino di un materiale naturale che fa di ogni accessorio un pezzo unico. Le venature del legno e le piccole imperfezioni della sua superficie sono infatti irripetibili. 

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Per questi ed altri motivi, sono tanti i marchi di moda che hanno scelto di integrare questo splendido materiale naturale nelle proprie collezioni, progettando inserti in legno per borse, cinture e gioielli. Chi si è spinto oltre ha preferito utilizzarlo assoluto, per accessori che, al contrario contengano inserti in altri materiali come vetro e metallo.

È il caso di Zalando, che propone una collezione di orologi con struttura interamente in legno e una collezione di occhiali da sole con inserti metallici. Le essenze utilizzate vanno dal legno chiaro dell’acero a quello scuro dell’ebano, passando per le tonalità intermedie del palissandro. 

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Gli orologi da polso proposti, analogici con movimento al quarzo, hanno una linea molto semplice. Ce ne sono di unisex, da uomo o da donna, con qudranti tondi o più squadrati, bianchi o più scuri. Il vetro di zaffiro, a prova di graffio, protegge l’orologio da urti ed umidità. Il fatto che il legno sia un materiale che può essere lavorato con facilità e sottoposto a tecniche di lavorazione diverse come l’incisione, la serigrafia, la stampa a caldo, l’incisione laser, rende questi orologi particolarmente curati in ogni dettaglio. Gli occhiali da sole, particolarmente leggeri e comodi da indossare, come gli orologi rappresentano un pezzo unico, con venature e sfumature irripetibili.

Articolo sponsorizzato.

Il centro sociale in tessuto e cemento costruito dalle donne cambogiane

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Costruire insieme alla gente comune, alla popolazione in difficoltà, a chi si renda disponibile al co-working anche nel campo dell’edilizia si può, almeno secondo gli architetti dell’Orkidstudio e di StructureMode.

La prima è un’organizzazione umanitaria che si occupa di design e di architettura focalizzandosi in modo particolare sui benefici che si possono apportare alla vita dei bambini e delle comunità che vivono in condizioni di povertà e di profondo disagio fisico e sociale. Secondo Orkidstudio, infatti, nuove tecniche costruttive possono costituire la strada da perseguire per colmare il profondo divario che separa la nostra civiltà da quei popoli ancora impegnati a combattere contro la fame.

Structure Mode, invece, è una società di ingegneria che ha fatto della sperimentazione nel campo delle costruzioni la sua ragione di vita. Il campo d’azione di questa associazione varia dal ferro al cemento, dal legno al vetro. I materiali vengono di volta in volta declinati in modo tale da dare vita a prodotti innovativi e decisamente proiettati su un futuro in cui la tecnologia avanza, ma i costi diminuiscono.

ARCHITETTURA PER LE DONNE: UN CENTRO DI ACCOGLIENZA PER LE VITTIME DI VIOLENZA DOMESTICA

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Il centro sociale costruito dalle donne cambogiane

Il palcoscenico su cui le due organizzazioni si sono esibite, coinvolgendo nella “recita” anche la popolazione femminile locale è la Cambogia. Il tema? Costruire un centro sociale urbano nel cuore della città di Sihanoukville. Il materiale? Strano ma vero, il cemento.

L’edificio, infatti, è stato realizzato attraverso dei getti di calcestruzzo contenuti da una particolare cassaforma: uno stampo in tessuto leggero.

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Ad uno scheletro in legno sono stati fissati degli ampi teli in tessuto e, al loro interno, è stato rilasciato il getto di calcestruzzo. Una tecnica semplice nella realizzazione, ma altamente complessa nello studio della struttura che ne sarebbe derivata. Il compito di analizzare la costruzione è spettato agli ingegneri di Structure Mode, che si sono serviti di prove fisiche in laboratorio oltre che di appositi software al computer, come Oasys GSA Suite.

Gli schizzi tridimensionali e la collaborazione con un attivo team di sarte ha permesso di individuare la forma che avrebbe concesso la realizzazione dell’edificio progettato e di quantificare i tempi necessari all’edificazione, corrispondenti ad appena otto settimane.

Il nuovo centro comunitario sorge nel punto in cui si trovava il Bomnong L’Or, una struttura che, nel cuore di Sihanoukville, ha sempre fornito assistenza e sostegno alla popolazione locale, impegnandosi nell’alfabetizzazione dei bambini e nella definizione di spazi multiuso per gli adulti. Il sovraffollamento del centro, tuttavia, lo aveva reso un luogo non propriamente adatto allo svolgimento delle attività lavorative, oltre al fatto che le condizioni di illuminazione e di ventilazione risultavano poco efficienti.

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L’edificio costruito insieme alle donne cambogiane segue la tipologia delle palafitte, sistema costruttivo locale. Al posto del legno, però, la struttura è caratterizzata da cemento e tessuto. Utilizzare il legno, infatti, avrebbe precluso al progetto di rientrare nell’ambito della “sostenibilità”, in quanto il materiale, nella zona, proviene principalmente da disboscamento privo di controllo.

Il centro presenta le aule per l’insegnamento e l’apprendimento al piano superiore e una serie di spazi aperti dove i bambini, principali destinatari del progetto, hanno la possibilità di relazionarsi tra di loro e di dedicarsi ad attività ricreative. Al suo interno trovano spazio anche una sala computer, uffici amministrativi e locali di servizio.

L’orientamento della struttura è stato studiato per permetterle di sfruttare i venti stagionali provenienti dal Golfo della Thailandia. Le ampie coperture, invece, hanno come obiettivo quello di evitare il surriscaldamento degli ambienti a causa dell’intensa luce solare durante l’estate. Questa strategia rende l’edificio completamente passivo e rappresenta, nel panorama dell’architettura sostenibile, un esempio molto importante di costruzione di qualità a prezzi contenuti.

Uno dei meriti maggiori del progetto, la cui realizzazione si è conclusa nel settembre del 2015, è stato quello di mixare in un’unica soluzione tecniche costruttive tradizionali e materiali moderni. Si tratta di una vera e propria finestra aperta sul co-working, sulla collaborazione e sull’intenzione di creare insieme un posto migliore dove trascorrere il proprio tempo

Retrofit energetico della fibra di vetro: il pannello per facciata che riscalda

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I consumi energetici di un edificio rappresentano un tasto dolente per molti architetti che, nell’ultimo periodo, si stanno impegnando sempre di più sullo sviluppo del tema, studiando sistemi in grado di contenere il dispendio energetico e di far del bene non soltanto a chi utilizza l’edificio, ma anche al pianeta.

È questa la filosofia che ha guidato un team di ricercatori spagnoli a proporre un prototipo di facciata prefabbricata in fibra di vetro in grado di sfruttare al massimo l’energia solare, assorbendola e rilasciandola all’interno per il riscaldamento degli ambienti, e di isolare perfettamente l’edificio dal punto di vista termico.

PANNELLI IN IDROCERAMICA AUTORAFFRESCANTI

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L’idea ha preso il via da un report diffuso dalla ONG The Climate Group, secondo la quale gli sprechi energetici degli edifici sono destinati a raggiungere il 45% entro il 2025 (il periodo di riferimento parte dal 2002). 

Questo dato potrebbe non diventare realtà proprio grazie all’applicazione della facciata Made in Spain che, pur non essendo accessibile a tutti i portafogli, offrirebbe, sul lungo periodo, l’opportunità di portare ad una notevole riduzione dei dispendi energetici e, di conseguenza, economici.

Il prototipo è stato realizzato dalla Divisione Costruzioni Sostenibili del Centro di ricerca Tecnalia di San Sebastian. Il pannello prefabbricato è stato ottenuto da una miscela di fibra di vetro e leganti organici e si è deciso di applicare il “modello pilota” su un edificio di Merida.

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Verifiche e caratteristiche del pannello per facciata 

I test a cui la parete in fibra di vetro è stata sottoposta per la verifica delle sue prestazioni si sono orientati in tre direzioni principali: resistenza al fuoco, resistenza ad acqua e vento, isolamento termico e isolamento acustico.

L’esperimento eseguito per valutare il livello di resistenza al fuoco del pannello è stato quello che, più di ogni altro, ha preoccupato i ricercatori, come ha rivelato l’archietto Julen Larraz Astudillo. Il motivo? Proprio il punto di forza del pannello: i materiali che lo compongono, la fibra di vetro e i leganti organici. In realtà il test ha dato risultati più che soddisfacenti, permettendo ai ricercatori di spuntare questo esperimento sulla checklist, annotando valori perfettamente in linea con gli standard dettati dall’Unione Europea.

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La resistenza all’acqua è stata verificata attraverso il controllo della tenuta delle unità tecnologiche. I risultati hanno portato alla conclusione che la parete funziona se l’acqua piovana non entra in contatto con il lato interno, posizionato proprio dietro le unità tecnologiche. Nel caso in cui si verificasse questa condizione, infatti, il sistema potrebbe essere facilmente affetto da deterioramento. La resistenza rispetto alla forza del vento, di contro, sembrerebbe essere molto alta: la facciata è in grado di sopportare una pressione di circa 305 kg/mq senza presentare alcun segno di cedimento. Sicuramente rappresenta un ottimo riparo in caso di forte vento.

Ma arriviamo all’aspetto più interessante in termini energetici: l’isolamento termico. Il fatto che il pannello sia collegato al prospetto originale dell’edificio attraverso dei fori aveva fatto pensare, in un primo momento, alla presenza di “spifferi”, piccoli spazi in grado di far passare l’aria all’interno. Va da sé che, se gli esperimenti avessero lasciato emergere un tale risultato, il nuovo pannello sarebbe stato considerato totalmente fallimentare, dal momento che l’idea è nata proprio con l’intento di contenere il dispendio energetico. E se il calore accumulato attraverso l’irraggiamento solare viene “contrastato” dall’aria che entra dall’esterno dell’edificio è evidente che non si è cavato un ragno dal buco. In verità i test non solo non hanno rilevato difetti dal punto di vista dell’isolamento termico, ma neppure sotto il profilo acustico. I fori, in altre parole, non lasciano passare né aria né suoni.

Dopo lo studio accurato e le verifiche meticolose effettuate i ricercatori spagnoli si augurano che, pur non essendo economicamente appetibile e industrialmente riproducibile in modo agevole, il sistema brevettato possa rappresentare un primo passo verso il futuro, una novità nel campo del risparmio energetico in architettura. 

Contabilizzazione e termoregolazione del calore negli edifici: come contabilizzare?

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Con il DLgs 4 luglio 2014, n. 102  "Attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica" entro il 31 dicembre del 2016 i condomìni, e gli edifici polifunzionali, dotati di un impianto di condizionamento dell’aria centralizzato, o rifornito da una rete di teleriscaldamento, dovranno installare sistemi di contabilizzazione, di termoregolazione individuali per misurare l’effettivo consumo -di ciascuna unità immobiliare- e adottare il criterio della ripartizione dei costi in base alla norma UNI 10200/2015. In questo articolo, il terzo di una serie di quattro, vediamo brevemente quali sono gli aspetti tecnici della contabilizzazione del calore nei condomini.

ADEGUARE GLI IMPIANTI PER LA CONTABILIZZAZIONE E LA TERMOREGOLAZIONE

SCADENZE E SANZIONI PER CHI NON SI ADEGUA AL DLgs 102/2014

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Innanzi tutto, va segnalato che il ricorso a contatori orari e timer, molto diffuso nei vecchi impianti condominiali, non è più a norma, in quanto non conta l’effettivo calore consumato dalla singola utenza, bensì le ore di funzionamento delle pompe di circolazione, che non necessariamente sono un indicatore affidabile del consumo.

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Il tipo di contabilizzazione: diretta o indiretta

Il primo passo per la messa a norma dell’impianto è capire se sia possibile adottare un sistema di contabilizzazione diretta, o si debba ricorrere alla contabilizzazione indiretta. A tale scopo è necessario semplicemente verificare se il nostro edificio è dotato di rete di distribuzione del calore verticale a colonne montanti (edifici dai 30 anni in su) o orizzontale (edifici recenti). Nel primo caso l’unica opzione possibile è la contabilizzazione indiretta, mentre nel secondo caso è compatibile quella diretta. Il recupero dei dati registrati può essere di tre tipi, in funzione dell’entità e della raggiungibilità del condominio da gestire:

  1. lettura locale (piccoli condomini);
  2. lettura centralizzata tipo bus (villette a schiera);
  3. lettura centralizzata via radio (palazzi a sviluppo verticale).

I contatori possono essere di due tipi: ultrasonici (classe 2 EN1434, con massimo errore di misura ammesso: 2%) e meccanici (classe 3, massimo errore di misura ammesso: 3%).

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La contabilizzazione indiretta

1) Rilievo e certificazione dei corpi scaldanti installati per la determinazione di:

  • potenza termica secondo la UNI 442-2 o metodo dimensionale;
  • nuova tabella millesimale

2) Determinazione di:

  • diametro delle valvole termostatiche e dei detentori e del tipo di raccordo alle tubazioni;
  • tipo di valvole termostatiche e di sensore;
  • posizione d’installazione dei ripartitori;
  • tipo di ripartitore e di sensore;
  • curva della temperatura di mandata ai fini della precisione di regolazione e della temperatura di ritorno.

3) Calcolo dei parametri richiesti dalla UNI 10200 ai fini della ripartizione della spesa totale dei consumi energetici, secondo quanto definito dalle UNI/TS 11300.

4) Mappatura dell'impianto (codici apparecchi, nome utente, dati di programmazione etc.) da aggiornare nel caso in cui ci fossero stati interventi previ.

5) Stesura delle istruzioni per l'utilizzo dell'impianto e dei dispositivi atti alla contabilizzazione.

Contabilizzazione diretta

1) Rilievo e certificazione dei corpi scaldanti installati per la determinazione di:

  • potenza termica secondo la UNI 442-2 o metodo dimensionale;
  • nuova tabella millesimale.

2) Dimensionamento delle portate in modo da ottenere, in esercizio, valori di salto termico elevati.

3) Determinazione di:

  • diametro delle valvole termostatiche e dei detentori e tipo di raccordo alle tubazioni;
  • tipo di valvole termostatiche e di sensore;
  • curva della temperatura di mandata ai fini della precisione di regolazione e della temperatura di ritorno.

4) Calcolo dei parametri richiesti dalla UNI 10200 ai fini della ripartizione della spesa totale, secondo quanto definito dalle UNI/TS 11300.

5) Scelta del contatore di calore corretto in funzione dei valori di portate previsti.

6) Mappatura dell'impianto (codici apparecchi, nome utente, dati di programmazione etc.) da aggiornare.

7) Stesura delle istruzioni per l'utilizzo dell'impianto e dei dispositivi atti alla contabilizzazione.

Ripartitori di calore

Un ripartitore dei costi di riscaldamento è uno strumento elettronico in grado di misurare il consumo di calore del corpo scaldante sul quale è installato ed è indicato per impianti centralizzati a colonne montanti (UNI EN 834). Può essere installato solamente su corpi scaldanti con superficie accessibile nei quali è noto il rapporto tra temperatura e potenza termica, quali ad esempio i radiatori ad elementi (non pannelli a pavimento/soffitto o termoventilconvettori). I ripartitori sono di tre tipi in base alla temperatura media di esercizio da misurare sulla superficie del radiatore e alla presenza di un copriradiatore: a un sensore (>55°C), a doppio sensore >35°C) e a sensore remoto la cui unità elettronica viene installata all’esterno del copritermo.

La norma dice che in uno stesso impianto i ripartitori devono essere dello stesso modello ovvero utilizzare lo stesso principio di misura (stesso tipo di sensore e marca).  Prima di installarli è opportuno verificare se l’impianto è adibibile completamente alla ripartizione; quale tipo di sensore utilizzare. La direttiva MID 2004/22/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 31 marzo sulla precisione degli strumenti di misura obbliga il costruttore ad omologare il contatore con il nuovo marchio CE-M e secondo la EN 1434 i contatori devono essere almeno di classe 3 (errore di misura < 3%).

Dal momento che la distribuzione delle temperature non è uniforme è opportuno installare correttamente il ripartitore. Il valore ottenuto attraverso un qualsiasi ripartitore non è mai un valore assoluto, bensì un indice (%) di consumo (HCA, heat cost allocation, ovvero l'assegnazione del costo del calore) e pertanto il consumo del singolo radiatore può essere calcolato solamente rapportando il valore di HCA -letto sul ripartitore- con la somma di tutti i valori di HCA dei radiatori dell’impianto. In ultima analisi è possibile valutare il consumo riferendolo alla misura reale (diretta) di energia termica, o di combustibile. Infine, i ripartitori devono essere parametrizzati (ossia programmati ) inserendo la potenza termica (Watt) e il fattore K di contatto termico (in funzione della forma e materiale del radiatore). Entrambi i dati sono dichiarati dal fabbricante o, in mancanza delle schede tecniche, si possono calcolare in base alla UNI 10200/2015.

Principi generali di ripartizione secondo la UNI 10200

  1. Valutare le spese totali
  2. Ricavare l'energia utile totale
  3. Determinare l'energia involontaria
  4. Calcolare i millesimi di ripartizione
  5. Formulare il prospetto di spesa

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Tutte le spese relative all’impianto di riscaldamento vengono accorpate in un’unica voce (ST) e la suddivisione viene fatta in base a una quota fissa (Qf), pari a una percentuale della ST (tra il 30% e il 50%). Questa viene poi ripartita tra i condòmini in base ai millesimi di proprietà e a una quota a consumo (Qc), pari alla rimanente parte della spesa (Qc = ST - Qf); successivamente viene ripartita in parti proporzionali al consumo individuale misurato. In altri termini, dette U1, U2, …Un le unità di calore conteggiate per ciascun utente, le singole quote variabili saranno:

Qc1= Qc * U1/(U1+U2+…Un)
Qc2= Qc * U2/(U1+U2+…Un)
Qc3= Qc * U3/(U1+U2+…Un)
Qcn= Qc * Un/(U1+U2+…Un)

Osservazioni sulla convenienza del sistema e le possibili truffe

Benché l’obbligo di adeguamento al D.L. 102/2014 non sia previsto per edifici con meno di 8 condòmini  e quand'anche non fossero nemmeno tenuti ad essere gestiti da un amministratore, è raccomandabile valutare la convenienza d'installare un sistema di contabilizzazione e termoregolazione del calore per evitare di essere truffati da vicini affatto onesti.

Sottolineiamo che, nei vecchi impianti dotati di contatore, dove la ripartizione della spesa avviene in base alle ore di funzionamento delle pompe di circolazione e non all’effettiva quantità di calore consumato, la possibilità di manomettere la regolazione delle valvole di mandata dell’ACS, di alimentazione dei corpi scaldanti, facilita gli imbrogli da parte di impiantisti compiacenti.

In pratica, se un idraulico poco equo, quindi affatto professionale, apre completamente la valvola della pompa di circolazione corrispondente all'inquilino suo committente, mentre abusivamente regola a metà l’apertura di quella corrispondente agli altri appartamenti, succede che le pompe di questi ultimi devono funzionare più ore per convogliare la quantità di calore necessaria a soddisfare il bisogno termico. Orbene, poiché la ripartizione della spesa di combustibile è proporzionale alle ore di accensione, in altri termini, succede che negli appartamenti regolati con una portata ridotta anche se le valvole dei radiatori delle stanze inutilizzate vengono impostate come spente (mediante un cronotermostato programmabile) il consumo di riscaldamento non è equo in quanto viene computato a favore dell’inquilino che mantiene acceso per meno tempo l’impianto. Nei vecchi impianti centralizzati, l'iniqua ripartizione non necessariamente deve essere frutto di un’azione truffaldina: in genere l’unità immobiliare collocata più vicino alla caldaia, avendo minore caduta di pressione e anche minore superficie disperdente (tubazioni relativamente corte) richiederà meno ore di funzionamento delle pompe di circolazione, a parità di calore consumato.         

Ricadute economiche e sociali della contabilizzazione e termoregolazione del calore negli edifici            


Contabilizzazione e termoregolazione del calore negli edifici: valutazioni economiche e criticità

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Con il D.L 4 luglio 2014, n. 102  “Attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica” entro il 31 dicembre del 2016 i condomìni, e gli edifici polifunzionali, dotati di un impianto di condizionamento dell’aria centralizzato, o rifornito da una rete di teleriscaldamento, dovranno installare sistemi di contabilizzazione, di termoregolazione individuali per misurare l’effettivo consumo -di ciascuna unità immobiliare- e adottare il criterio della ripartizione dei costi in base alla norma UNI 10200/2015. In questo articolo, l’ultimo di una serie di quattro, vediamo brevemente quali sono le relative ricadute economiche e sociali.

Come effettuare la contabilizzazione del calore negli edifici

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Secondo un’indagine di Altroconsumo, benché i costi degli interventi varino in funzione dello stato degli impianti presenti, indicativamente si approssimano ai seguenti ordini di grandezza in base al numero di unità immobiliari:

  • Palazzina di 20/30 unità immobiliari: 7-8 mila euro
  • Palazzina di 30/60 unità immobiliari: 9-10 mila euro
  • Palazzina di circa 100 unità immobiliari: 11-12 mila euro

I suddetti costi sono comprensivi di: lavaggio dell'impianto di riscaldamento prima dell'installazione delle valvole, installazione di una pompa elettronica per la modulazione della potenza di circolo dell'acqua, installazione di un defangatore e di un addolcitore dell'acqua.

BONUS FISCALI E IVA AL 10%

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Fino a tutto il 2016 (L. di Stabilità 190/2014) ai condomìni spetta la detrazione per gli interventi di edilizia, eseguiti cioè sulle parti comuni, i cui lavori vengono pagati dal singolo condomino attraverso appositi bonifici con ritenuta dell’8% (prevista per i pagamenti dei lavori di ristrutturazione edilizia fiscalmente agevolati).

Per beneficiare del c.d. bonus ristrutturazioni, occorre richiedere all’Agenzia delle Entrate l’attribuzione del codice fiscale cumulativo, ottenuto sulla base delle istruzioni e i chiarimenti formulati dall’Agenzia con la risoluzione n. 74/E del 27 agosto 2015 che riguardano anche i cd. condomìni minimi (fino a otto condòmini), ma che ai fini della detrazione, sono obbligati a richiedere il codice fiscale mediante il modello AA5/6. Nella comunicazione, unica per tutti i condòmini, devono essere specificati, distintamente per ciascuno di essi: le generalità e il codice fiscale; i dati catastali delle rispettive unità immobiliari; i dati dei bonifici dei pagamenti effettuati per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio; la richiesta di considerare il condominio quale soggetto che ha effettuato gli interventi; le fatture emesse dalle ditte nei confronti dei singoli condòmini, intestate sempre al condominio.

A conti fatti è raccomandabile prevedere non solo l’installazione dei ripartitori su ciascun corpo scaldante, ma anche la sostituzione della caldaia con una a condensazione per sfruttare la detrazione fiscale del 65% entro la fine del 2015.

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In questo contesto è da valutare anche il costo per la redazione dell'APE (attestato di prestazione energetica) da parte di un un tecnico abilitato non coinvolto però nel processo di riqualificazione energetica del sistema edificio-impianto. L'APE si rende necessaria solo nei seguenti casi: quando gli interventi di riqualificazione delle prestazioni dell’impianto (o dell’involucro edilizio) determini il miglioramento di prestazione energetica di almeno una classe e quindi comporti la decadenza dell’APE, eventualmente esistente.          

Dal 2016 il vantaggio fiscale sarà ridotto al 36%, salvo proroghe dell’ultima ora. Sostituendo il generatore con uno più efficiente e inserendo un sistema di contabilizzazione di termoregolazione dell’impianto, il risparmio energetico condominiale dovrebbe attestarsi tra il 30 e il 40% che risulta doppiamente conveniente rispetto alla contabilizzazione abbinata alla termoregolazione.

Vantaggi degli interventi di efficientamento

  • Riqualificazione tecnologica della centrale termica con sistemi innovativi e conseguente rivalutazione dell’immobile.
  • Ottimizzazione del processo di produzione e di utilizzo dell’energia.
  • Risparmio energetico.
  • Autonomia di gestione del riscaldamento nelle singole unità immobiliari.
  • Maggiore sicurezza dell’intero impianto.
  • Delega al gestore del servizio di tutte le responsabilità inerenti alla centrale termica.
  • Pagamento soltanto del calore consumato.

Appare dunque evidente che i maggiori interessati agli interventi di efficientamento sono i condomini degli immobili con impianto di riscaldamento centralizzato ed in particolare quelli con centrali termiche obsolete o fuori norma.

Criticità dell'obbligo di efficientamento

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Concludiamo suggerendo la seguente riflessione in merito all'efficacia dei provvedimenti di riqualificazione energetica: quanti pensionati con 500 €/mese o lavoratori precari (la maggioranza della popolazione italiana) possono accedere ai bonus fiscali? Molti investimenti di risparmio energetico, per essere significativi devono alzare almeno di una classe prestazionale, e siccome presuppongono spese importanti (talvolta ostacolando anche l'uso dell'immobile per i lavori) non sono ammortizzabili entro la vita utile del proprietario (orizzonte inferiore ai 10 anni come previsto nell’APE, affinché essa abbia validità legale) o addirittura inaccessibili per un lavoratore precario e, in fine, improponibili alla metà dei giovani in quanto disoccupati (percentuale ai massimi storici rispetto agli occupati). All'autore pare che la legge, ancora una volta venga recepita in modo iniquo, beneficiando solo le fasce più abbienti della popolazione (agevolate pur non avendone bisogno).  

Pertanto, con gli obblighi imposti da questo nuovo D.L. verranno penalizzati in termini di comfort ancora una volta gli inquilini degli immobili più freddi e meno coibentati, mentre indiscriminatamente tutti ce ne rimetteremo in termini d’inquinamento ambientale, disattendendo paradossalmente lo scopo principale della direttiva UE sul risparmio energetico: ridurre le emissioni di CO equivalente.

Come sarà la Sagrada Familia nel 2026?

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L'opera più famosa dell'architetto catalano, Antoni Gaudí, potrebbe essere completata nel 2026, dopo 144 anni dalla posa della prima pietra. Il cantiere della Sagrada Familia aprì nel 1882 con il progetto dell'architetto Francisco de Paula del Villar; solo nel 1883 fu affidato a Gaudí con il compito di proseguirne l'opera, che però ne modificò radicalmente il progetto con il suo inconfondibile stile. Artista ossessionato dalla perfezione e architetto delle "forme impossibili", visse nella cattedrale come eremita dedicandole i suoi ultimi 14 anni di vita. Con la sua morte, avvenuta accidentalmente nel 1926, ha lasciato un'ingombrante eredità a scultori, artisti ed architetti. A quel tempo, infatti, erano state innalzate soltanto una facciata e una torre, ma già si preannunciava come il più grande capolavoro della cristianità.

Chiese del XXI secolo: Shigeru Ban e la cattedrale in cartone

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Nel 2026, in occasione del centenario della morte di Gaudì, il responsabile dei lavori di costruzione, l’architetto Jordi Faudi dichiara che la maggior parte dei lavori della Sagrata Familia saranno conclusi; rimarranno pochi elementi decorativi e finiture. Quindi, la chiesa dovrebbe essere interamente ultimata entro il 2030 o il 2032.

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Dopo aver costruito le sei immense torri, ed in particolare la Torre di Gesù Cristo sormontata da una croce per un’altezza di 173,5 m, diventerà edificio di culto più alto d’Europa. Supererà di 10 m la cattedrale di Ulm, in Germania. Se però si considera l’altezza interna, il primato dell’edificio più alto rimarrà ancora alla cattedrale di San Pietro a Roma.

La Sagrada Familia avrà 18 guglie dedicate a diverse figure religiose di varie altezze a seconda della gerarchia, quattro per gli evangelisti, una per ogni apostolo e due, che supereranno le altre, in onore della Vergine Maria e Gesù.

La lentezza dei tempi di cantiere e l’incertezza delle date di completamento sono causate non solo dalle difficoltà costruttive e dalla vastità dell’opera, ma anche da motivi economici. La costruzione è finanziata esclusivamente da donazioni private e dal ricavato dei biglietti dei visitatori, che in media si aggira sui 13 e 20 milioni di euro per anno.

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Il video di un minuto e mezzo, pubblicato dai costruttori della basilica, ci proietta nel futuro mostrandoci la configurazione finale a lavori ultimati. La costruzione, consacrata basilica da papa Benedetto XVI il 7 novembre 2010, continua a dividere cittadini, esperti ed ammiratori a causa dell’enorme budget speso, del progetto troppo articolato, e ovviamente dell’impossibilità di intercettare la visione originale dell’architetto catalano.

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Dio non aveva fretta di vederla finita, aveva ironizzato Gaudì… ed in effetti tempi di realizzazione sono davvero considerevoli. Comunque ora la basilica si avvia alla sua fase finale, grazie alla caparbia dei sostenitori, alle donazioni ma soprattutto alle nuove tecniche costruttive e alle stampanti 3d, che sembrano aver accelerato la costruzione. "Lavorare sui disegni di Gaudì in 2d non ha senso dal punto di vista architettonico" dichiara Jordi; lo stesso Peter Sealy, ricercatore di Harvard conferma "la Sagrada Familia è così complessa che è quasi impossibile disegnare dei progetti. Gaudí, infatti, ha lasciato praticamente solo un sistema geometrico di superfici rigate e un metodo di lavoro per tradurre queste geometrie in modelli di gesso. Molti dei modelli di Gaudì furono distrutti dagli anarchici durante la guerra civile spagnola, ma i frammenti superstiti possono ora essere digitalizzati con gli scanner 3d."

E infine: "le intenzioni progettuali di Gaudí possono essere decodificate da questi modelli digitali, che possono poi essere utilizzati per lo sviluppo del design e la fabbricazione, con pietra da taglio e cemento versato in stampi realizzati in scala 1:1 ".

Surriscaldamento globale: uno studio rivela il ruolo delle fonti rinnovabili

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Piogge incessanti d’estate, temperature elevate d’inverno: il fatto che “non esistono le mezze stagioni” non è più soltanto un detto popolare. Il clima sta cambiando, il Pianeta si sta surriscaldando e la colpa è dell’uomo. È quanto emerge da un report reso noto da IRENA – Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili.

Lo studio, intitolato “REthinking Energy 2015 – Renewable Energy and Climate” ha portato gli esperti a rendersi conto di come l’uso di energie rinnovabili, associato all’impegno nel raggiungimento dell’efficienza energetica, possano inibire l’aumento della temperatura globale. Ne deriva che, se ciò non accade, l’energia che alimenta le abitazioni in cui viviamo non proviene da fonti rinnovabili e che l’uomo non si sta impegnando per salvare il pianeta che, nonostante tutto, continua ad ospitarlo.

L'ONU PREMIA 17 PROGETTI CONTRO I CAMBIAMENTI CLIMATICI

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Rapporto IRENA: fonti rinnovabili per due gradi in meno

“La produzione di energia è causa di oltre i due terzi delle emissioni di gas serra”, ha affermato il direttore generale di IRENA, Adnan Z. Amin. Per contrastare il surriscaldamento basterebbe produrre appena il 36% dell’energia a partire da fonti rinnovabili per ottenere, entro il 2030, una riduzione della temperatura globale di almeno due gradi.

Il rapporto su rinnovabili e clima è stato presentato in occasione del decimo Council Meeting tenutosi ad Abu Dhabi proprio in questi giorni. Il pubblico che assiste all’evento conta, ogni anno, 250 partecipanti di 80 nazionalità diverse. L’obiettivo è quello di sensibilizzare, attraverso uno studio concreto, lontano dai meri esperimenti accademici, quante più personalità possibili ad instaurare legami e accordi volti a supportare il lavoro di IRENA e ad intervenire in favore dell’ambiente.

Seguendo il consiglio di IRENA, infatti, si potrebbero spuntare dalla lista 12 dei 17 Sustainable Developement Goals posti dall’ONU per promuovere lo sviluppo sostenibile, la coerenza e l’integrazione delle politiche degli stati membri e l’intervento degli stessi attraverso azioni sociali, economiche e ambientali.

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Le fonti rinnovabili: fonti di energia e di lavoro

Il REthinkin Energy ha mostrato vantaggi economici associati a quelli climatici in caso di uso di fonti energetiche rinnovabili. Impegnandosi per contribuire alla riduzione del surriscaldamento globale e cercando di raggiungere l’obiettivo individuato dagli studiosi, le aziende del settore potrebbero incrementare notevolmente il numero dei posti di lavoro. Attualmente l’industria delle energie rinnovabili permette a 7,7 milioni di persone di procurarsi da vivere. Raggiungendo quel famoso 36%, invece, entro il 2030 il numero degli assunti potrebbe salire a 24 milioni a livello mondiale.

È opportuno, tuttavia, procedere con calma e tener presente che, come viene evidenziato nello studio stesso, per raggiungere il range indicato entro il 2030 occorrerebbe moltiplicare per 6 volte rispetto ai numeri attuali gli impianti di produzione di energia a partire da fonti rinnovabili. In termini di costi questo equivale a chiedere un investimento annuo globale pari al doppio o al triplo di quello odierno. Si raggiungerebbero cifre superiori ai 500 miliardi di dollari fino al 2020 e ai 900 miliardi di dollari fino al “tanto atteso” 2030.

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Come “guadagnare” i due gradi

In relazione al fatto che l’investimento economico si presenta particolarmente oneroso per i finanziatori, il report propone una strategia d’azione da attuarsi attraverso una serie di step. Prima di tutto occorrerà rafforzare i legami e gli impegni politici presi dagli stati aderenti all’iniziativa, successivamente occorrerà attivare gli investimenti. A questo punto entreranno in gioco le istituzioni, che avranno il compito favorire il ricorso alle fonti rinnovabili da parte dei singoli paesi. Una volta consolidato il sistema statale toccherà alle regioni intervenire, rafforzando il loro impegno nel tentativo di rendere sostenibile il territorio di competenza.

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Adnan Amin, direttore generale di IRENA è più che fiducioso rispetto all’iniziativa e ha affermato: “Il grande business delle rinnovabili ha reso la transizione energetica inevitabile. La domanda che bisogna porsi, a questo punto, è quanto tempo passerà prima che il nostro pianeta si proietti veramente verso un futuro sostenibile e “rinnovabile”. Per il momento tra le speranze di IRENA c’è la COP 21 di Parigi sul Clima, durante la quale, secondo Amin, i paesi coinvolti dovranno dare un segnale concreto di interesse verso un progetto a favore dell’ambiente e delle fonti energetiche che lo rispettano e, in qualche modo, cercano di salvarlo, contrariamente a quanto fa la mano distruttiva dell’uomo.

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Elogio del muschio: paesaggi norvegesi a Londra

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La natura si insedia sempre più in città, grazie alle living walls, agli orti e ai parchi urbani. Si aggiungono ora anche graffiti ecologici e pareti di muschio e licheni. Dopo l’esordio in piccoli interventi di guerriglia urbana, diventano addirittura i protagonisti dell’installazione "Moss your city" realizzata dallo studio Pushak. Paesaggi e odori delle foreste norvegesi si materializzano a Londra: sulle pareti di espanso sono fissate zolle di muschio prelevato dai boschi, mentre grazie ad aperture asimmetriche il visitatore può percorrere una sorta di galleria-labirinto. L’atmosfera, seppur in scala ridotta, è quella di una grotta naturale umida e verdeggiante.

Tecniche e progetti per il verde verticale

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L’architettura vuole ancora una volta incontrare la natura restituendo prestigio ad un elemento, il muschio, da sempre visto come nemico delle costruzioni. Pensato e pianificato può, invece, diventare una componente positiva dell’architettura e dei giardini. Del resto nei giardini giapponesi, nelle pavimentazioni in pietra e adesso anche nelle living walls, i risultati ottenuti sono piuttosto sorprendenti. È possibile sfruttarne la versatilità, l’abbondanza in natura e la bassa manutenzione necessaria dopo l’installazione, mantenendo sempre condizioni di alta umidità e poca luce. Ricoprire di muschio e licheni città, ambienti interni e giardini sta diventando un nuovo trend, un tipo di inverdimento più sostenibile ed economico delle pareti verdi.

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L’installazione di Londra, presentata nel Festival dell’Architettura del 2010, è il primo progetto estero del collettivo femminile di Oslo, nato da un programma di scambio dell’Architecture Foundation per architetti emergenti in Norvegia e nel Regno Unito. L’intento è di incantare e di perdersi nel labirinto verde, celebrando i paesaggi scandinavi e il muschio come materiale interessante, che può lavorare in armonia con il design contemporaneo.

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In realtà il muschio fissato alle pareti non può più crescere, ed ha più una valenza estetica che ecologica. Gli architetti Pushak hanno, però, deciso di studiare la relazione tra architettura contemporanea e i paesaggi norvegesi, adattandoli all’ambiente londinese e alle esigenze espositive. Al termine della galleria vegetale, cartoline esplicative riportavano sul retro la ricetta dei graffiti di muschio.

Se volete realizzare un eco-graffito basta seguire le semplici istruzioni presenti su wikiHow con pochi ingredienti quale muschio, yogurt e birra.

Elementi modulari OSB: la struttura in legno è pronta in 10 giorni

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A Novembre sono terminati i lavori del primo cantiere italiano di un edificio realizzato da elementi modulari in legno. Si tratta della costruzione di un edificio residenziale unifamiliare a due piani fuori terra realizzato nel comune di San Secondo di Pinerolo in provincia di Torino.

La struttura dell’edificio, dalle fondazioni alla copertura, è stata realizzata in dieci giorni a partire dal 31 Agosto di quest’anno.

IL LEGNO DA COSTRUZIONE

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I pannelli OSB: Oriented Strand Board

L’abitazione è stata progettata e realizzata con elementi modulari in legno. Il sistema costruttivo è composto da elementi modulari in OSB, realizzati con legno di pioppo di provenienza locale. I pannelli OSB (acronimo di Oriented Strand Board) nelle costruzioni in legno sono utilizzati prevalentemente nelle costruzioni a telaio.

I pannelli sono composti da tre strati a struttura simmetrica di trucioli piatti, denominati strand. Gli strand degli strati esterni sono orientati parallelamente alla direzione di produzione e sono di migliore qualità. Gli strati interni sono invece composti da materiale più fine e di geometria meno controllata, orientati in modo casuale o in direzione perpendicolare alla direzione di produzione. La produzione di pannelli OSB in Europa viene realizzata prevalentemente con legname a basso costo, proveniente in gran parte dalla ripulitura delle foreste. Le fasi produttive sono comuni ad altri tipi di pannelli e prevedono la scomposizione del legno a formare le particelle di dimensione necessaria, l’essiccazione, l’addittivazione con colla, la formazione degli strati e la pressatura.

In questo cantiere non sono stati utilizzati i classici pannelli bensì elementi modulari (foto in basso), realizzati con la stessa tecnica produttiva. Questi elementi sono dotati di incastri che, oltre a facilitarne la posa in opera, agevolano il controllo geometrico e della verticalità in fase di costruzione. Data la particolare disposizione degli incastri sono scongiurati poi eventuali errori di montaggio della struttura.

Il cantiere di un edificio modulare in legno

Il vantaggio enorme dell’utilizzo di questa tecnica costruttiva è stato la velocità di posa in opera che in soli dieci giorni ha portato alla realizzazione dell’intera struttura dell’edificio. Il 31 Agosto di quest’anno è cominciata la posa del primo corso di elementi in OSB a seguito dell'impermeabilizzazione e dell'isolamento della fondazione in calcestruzzo precedentemente realizzata.

Gli elementi vengono fissati alla fondazione mediante particolari sistemi di ancoraggio denominati hold-down, ovvero profili in acciaio chiodato disposti su entrambi i lati dell’elemento. Questi elementi, progettati per resistere alle sollecitazioni a flessione, sono poi affiancati a ulteriori profili a L, sempre chiodati, che devono sostenere le sollecitazioni al taglio della struttura.

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Il giorno successivo è stata completata la posa degli elementi dell’intero primo piano e completato l’isolamento dei blocchi. L’isolamento delle pareti perimetrali esterne è realizzato mediante il riempimento manuale delle cavità dei blocchi con sughero bruno granulato.

Il 2 Settembre sono state posati e fissati gli elementi di chiusura e le travi del primo solaio. Nella stessa giornata è stato terminato il solaio.

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Stesse fasi e stesse tempistiche sono state seguite per la realizzazione del secondo piano fuori terra che quindi è stato completato interamente dopo soli 5 giorni dall’inizio del cantiere. A seguire è stato realizzato l’isolamento del tetto.

Completato l’assito del secondo solaio e posata la barriera impermeabile, sono state posizionate le travi “passafuori” e successivamente la coibentazione della copertura. L’isolamento, in pannelli di fibra di legno, è stato eseguito a doppio strato sfalsato, con un ulteriore ultimo strato tra i travetti in legno.

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Terminato l’involucro esterno, si è proseguito con l’ultimazione dell’interno mediante la posa del freno vapore sul lato caldo delle pareti esterne e con la costruzione delle contropareti, necessarie per il passaggio degli impianti.

Le facciate sono state ultimate il 10 Settembre con la posa di doghe in legno di cedro, inclinate di 45 gradi che, opportunamente sagomate in corrispondenza delle aperture, rivestono completamente l’edificio.

La fabbrica dismessa diventa uno spazio dove lavorare è un piacere

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Un marchio estone, produttore di abbigliamento per bambini, ha deciso di trasferire i suoi uffici di Tallin in una ex fabbrica di epoca sovietica e ha affidato il progetto allo studio KAMP Arhitektid.

Il cliente aveva posto come obiettivo della riqualificazione la trasformazione del volume asettico e austero del vecchio edificio dismesso in un ambiente accogliente. Affascinare i dipendenti e renderli più produttivi grazie a uno spazio stimolante e attirare i visitatori dallo spettacolo intravisto oltre le finestre: i progettisti dovevano creare un “parco giochi” per adulti.

LUOGHI DI LAVORO: UNA SCALA VERDE PER NUOVI SPAZI IN UFFICIO

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I quasi 1.100 metri quadrati, una vertiginosa altezza massima di 8 metri, della fabbrica dismessa sono stati effettivamente rivoluzionati, creando una vera e propria oasi, tra stanze di legno e alberi, quasi una rigogliosa foresta permanente. Ora la vegetazione è artificiale e raggiunge le travi del tetto, ma presto sarà sostituita da vere piante, in attesa che assumano una adeguata dimensione.

La vecchia fabbrica, completamente in disuso, ha ripreso vita e ora, percorrendo in estensione il grande spazio multipiano si possono incontrare sale riunioni, zone relax, uffici più piccoli adibiti a spazi di lavoro. Il “paesaggio” si snoda a più livelli, ma i materiali usati, i colori e le forme taglienti creano un ambiente unico e armonioso.

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Le grandi vetrate permettono l’ingresso di un notevole quantitativo di luce interna, diffusa e amplificata grazie all'inserimento di lucernari zenitali in copertura. Anche il sistema di ventilazione e riscaldamento è stato sostituito per essere più efficace per la nuova configurazione dell’ambiente di lavoro.

La fila di grandi lampade da tavolo, a richiamo del lavoro sartoriale, accompagna il percorso lungo i corridoi, ingannando l’occhio dell’osservatore che, in un divertente gioco prospettico, si accorge della loro altezza (quasi 3 metri) solo quando passa sotto. Gli arredi funzionali al ricovero della merce venduta sono molto discreti e si inseriscono perfettamente nel racconto architettonico; solo i pomelli degli armadi, ritagliate a forma di bambino suggeriscono la categoria di vendita del marchio.

Il progetto, molto affascinante, sembra voler avvallare la tesi dell’architetto Michele de Lucchi (autore dell'Unicredit Pavilion a Milano) che, al Salone dell’Ufficio di quest’anno, ha voluto sintetizzare nella sua installazione “La passeggiata” una nuova idea di ambienti di lavoro: ricchi di stimoli, facilitatori di incontri, diversificati e confortevoli. Dove lavorare è prima di tutto un piacere.

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caption: © Design: KAMP Arhitektid

Biblioteche sostenibili: la Stevens Library è la prima NZEB degli USA

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Lo studio WRNS ha recentemente presentato il primo edificio scolastico in California e in assoluto la prima biblioteca negli USA a raggiungere la certificazione NZEB – Net Zero Energy Building dall’ILFI – International Living Future Institute: partecipando al programma Living Building dello stesso istituto, la Stevens Library alla Sacred Heart School ha dimostrato di generare in un anno solare molta più energia di quella consumata, integrando sapientemente e in modo stimolante diversi sistemi di produzione e risparmio di energia.

NEARLY ZERO ENERGY HOTEL

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Il progetto della biblioteca sostenibile

La Stevens Library è uno dei quattro nuovi edifici del nuovo campus scolastico assieme al Performing Arts Building, al Lower Classroom Building e all’Upper Classroom Building. Lo studio WRNS ha redatto anche lo stesso masterplan del campus della Sacred Hearts School e quando la direzione ha chiesto al team di creare uno spazio che riflettesse i propri valori della consapevolezza sociale, della sostenibilità e della comunità, questo ha pensato di progettare la biblioteca con il duplice scopo di risparmiare energie e risorse educando, allo stesso tempo, la comunità circa l’importanza della tutela ambientale: il design semplice e flessibile della struttura mette in evidenza i legami tra architettura e natura, energia e acqua, funzionando sia come modello di sostenibilità che come risorsa educativa volta al coinvolgimento e alla sensibilizzazione dei fruitori in una cultura del risparmio energetico e delle risorse.

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Strategie di risparmio energetico

Il progetto della biblioteca integra numerosi sistemi tecnologici attivi e passivi associati a diverse strategie di risparmio energetico. Tra queste troviamo un impianto fotovoltaico, che fornisce tutta l’energia elettrica necessaria; un sistema di sensoristica e monitoraggio delle condizioni ambientali interne per minimizzare l’uso di energia elettrica per l’illuminazione; un impianto meccanico di ventilazione ad alta efficienza; impianti di distribuzione dell'acqua a flusso ridotto, per limitare i consumi, associati ad un impianto di raccolta dell’acqua piovana, immagazzinata in un serbatoio da 3.000 litri e successivamente riutilizzata per l’irrigazione degli spazi verdi del campus; un involucro ad elevate prestazioni realizzato con un isolamento rigido esterno a cappotto; diversi collettori solari e solar tubes per la massimizzazione dell’utilizzo di luce naturale all’interno degli ambienti. I consumi sono stati monitorati per un intero anno solare, da un team dell’ILFI che ha stimato un utilizzo di circa 24.934 kWh a fronte di una produzione di 56.811 kWh, consegnando pertanto alla rete elettrica circa 32.417 kWh.

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Cultura ecologica

Nel tentativo di portare in primo piano il tema della sostenibilità, i sistemi energetici della Stevens Library vengono mostrati all’utenza come un vero e proprio strumento formativo: il serbatoio di immagazzinamento dell’acqua piovana è direttamente accessibile dalla libreria e viene utilizzato come fonte primaria per l’irrigazione di un frutteto e degli spazi verdi che vengono curati e manutenuti dagli stessi studenti. I sistemi di gestione delle acque piovane e delle acque grigie sono visibili attraverso una finestra a libro vetrata, composta da sette diversi pannelli, dando la possibilità di utilizzare il sistema per scopi formativi: a questo scopo, alcuni disegni sul tema del ciclo dell’acqua e sulle disponibilità della risorsa potabile sono integrati sui singoli elementi vetrati.

All’interno degli ambienti altre informazioni sui temi energetici e ambientali, vengono fornite con l’ausilio di display e dell'infografica fornendo ai bambini, ai loro genitori e a tutti i visitatori, dati ed informazioni sul funzionamento degli impianti fotovoltaici, sui trends di utilizzo quotidiano dell’energia e sull’uso consapevole delle risorse.

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La struttura NZEB è composta da sette diverse aree di lavoro, due sale riunioni, due laboratori tecnologici, una sala conferenze, uffici e una biblioteca open space: la configurazione degli ambienti è totalmente flessibile grazie ad una pavimentazione e ad arredi modulari mobili che possono essere facilmente spostati al fine di rimodulare gli spazi secondo le mutabili esigenze.

Tutti gli ambienti dell’edificio contribuiscono indistintamente alla formazione di una cultura energetica, aiutando i giovani a riconoscere fin dalle minori età le buone e le cattive abitudini rispetto ai temi ecologici.


Una casa-rifugio per i volontari del parco

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All’interno di Noorderpark, un parco di 5900 acri a nord di Utrecht (Paesi Bassi), gli architetti del cc-studio di Amsterdam hanno sostituito il vecchio edificio presente dal 1966 con un alloggio semplice e affascinante. La casa funge da luogo di riposo per i volontari che curano il parco, di rifugio in caso di maltempo e di ricovero per le attrezzature da giardinaggio. Secondo la normativa locale, la costruzione del fabbricato non necessita di alcun permesso di costruire perché rispetta il volume e la funzione dell’alloggio originario. Gli architetti l’hanno progettato in modo da poter essere visibile solo nelle immediate vicinanze, minimizzando al massimo l’impatto visivo.

UN RIFUGIO IN LEGNO PER LA GUARDIA FORESTALE

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La casa-rifugio, di 35 mq con un’altezza di 3,5 m, è composta da un ripostiglio, un bagno/lavanderia, una zona pranzo con focolare ed un angolo relax con letto. Il cuore della casa è costituito da un corpo centrale che accoglie una stufa a legna e delle sedute. Questo elemento regge la struttura di supporto del tetto e per sua stessa conformazione, ricorda la forma di un albero.

Il tetto e le pareti dell'edificio destinato ai volontari sono costituite da un involucro in alluminio color verde mentre l’interno prevede l’utilizzo di materiali naturali ed è rivestito quasi interamente in legno compensato. La cucina e il camino sono alimentati dalla legna raccolta all’interno del parco. Sia le pareti che il tetto sono caratterizzati dalla presenza di aperture finestrate che creano un forte collegamento con l’ambiente esterno. Ma a smaterializzare i confini tra interno ed esterno sono sicuramente le due porte scorrevoli ad angolo. Aprendosi completamente offrono l’opportunità di godere del prato, di instaurare un rapporto intimo e diretto con la foresta circostante.

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L’ambiente naturale, è l'unico protagonista della scena. Così succede che passeggi all’interno del parco e scopri un rifugio, quasi un nascondiglio inaspettato. Forse è proprio questo uno dei connotati dell’architettura, di piccola o grande scala: stupire lo spettatore che osserva un’opera adeguata al contesto, in cui la forma risponde alla funzione in un modo giusto e naturale.

Bioagriturismi e fattorie didattiche. Tra turismo e sostenibilità

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Il turismo è una delle principali attività produttive del nostro Paese ed è anche il settore che risente meno della crisi, come dimostra il fatto che buona parte degli italiani è disposta a rinunciare a tutto, tranne alla vacanza. 

Nell’ambito delle strutture turistiche sempre più numerose nel Bel Paese, quelle che, nell’ultimo periodo, sembrano essere preferite dai viaggiatori sono gli agriturismi. A confermarlo è un rapporto redatto da Coldiretti per l’estate 2015 in relazione ai dati forniti da Terranostra e Federalberghi: le presenze nelle strutture turistiche “di campagna” hanno subito un incremento del 10% rispetto all’anno precedente, toccando i 6 milioni di check-in durante tutta la stagione estiva.

IL BIOAGRITURISMO PASSATO IN CLASSE A

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Bioagriturismo: agricoltura biologica ed etica professionale

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Il dato della Coldiretti su bioagriturismi e fattorie è particolarmente confortante se si pensa agli sforzi compiuti da proprietari e istituzioni nel sensibilizzare i “fruitori-turisti” ad optare per una vacanza responsabile e rispettosa dell’ambiente e del territorio. La filosofia che sta alla base delle aziende agrituristiche, del resto, è proprio il rispetto della natura: sfruttare con criterio la terra in cui sorgono e trarre da essa i prodotti che servono sulla tavola dei propri ospiti, senza “violentare” quella fonte inesauribile di ricchezza.

L’attività agrituristica, infatti, è in grado di tutelare indirettamente il paesaggio, instaurando uno stretto legame tra lo sfruttamento delle risorse ambientali e i prodotti aziendali. In altri termini, essendo interesse del gestore dell’agriturismo stesso ottenere e offrire prodotti di alta qualità, costui si impegna a sfruttare in modo responsabile e sostenibile le risorse che la natura gli mette a disposizione.

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Nel settore agrituristico sta prendendo sempre più piede la forma del “bioagriturismo”, struttura ricettiva a cui è data la possibilità, previo ottenimento di una specifica certificazione, di produrre e vendere i prodotti agricoli biologici coltivati e raccolti in loco. Tale certificazione viene rilasciata dall’AIAB - Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica ed è attiva dal 1998, individuando quotidianamente aziende che svolgono questo tipo di attività. L’obiettivo dell’AIAB è quello di controllare che i bioagriturismi non soltanto rispettino le regole di un’agricoltura biologica, ma si impegnino a gestire l’attività ricettiva secondo norme etiche ed ecologiche dettate da ICEA (Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale). All’Istituto è affidato anche il compito di verificare che l’azienda si attenga a tali disposizioni.

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Il bioagriturismo si può definire a pieno titolo una struttura ricettiva sostenibile, in quanto la sua attività è basata sulla sinergia che il gestore riesce a creare tra rispetto profondo nei confronti dell’ambiente e servizio offerto ai clienti proprio grazie a quell’ambiente tutelato.

Le azioni che i proprietari di un bioagriturismo possono avviare per rientrare in questa cerchia di strutture turistiche sono l’impegno al risparmio di energia, l’utilizzo consapevole delle risorse energetiche a disposizione e il ricorso a fonti alternative e rinnovabili. È necessario, inoltre, che il bioagriturismo si impegni a limitare il consumo idrico e ad organizzare un sistema di riciclo delle acque reflue.

Al bioagriturismo viene assegnato un compito importantissimo, quello di sensibilizzare i giovani, attraverso un’attività didattica mirata, a rispettare e, soprattutto, scoprire la natura, il paesaggio e l’ambiente, comprendendo le leggi che li regolano e la collaborazione che si instaura tra il mondo naturale e lo sfruttamento consapevole dell’uomo. Sono queste le tematiche affrontate dalle aziende agrituristiche che ricadono anche nella categoria delle fattorie didattiche.

Le Fattorie Didattiche

Con l’attività di Fattoria Didattica, l’azienda agricola sfrutta la sua condizione di essere contestualmente anche agriturismo per spiegare, a visitatori piccoli e grandi, come il lavoro in campagna venga svolto in perfetta armonia con l’ambiente circostante e con quello che offre. In particolare sono approfonditi le tecniche di trattamento dei prodotti biologici affinché questi restino tali, il legame tra la fauna naturale della campagna e la trasformazione dei prodotti in “cibi” di elevata qualità, l’importanza per il consumatore di optare per questo genere di alimenti, facendo del bene a se stesso e all’ambiente.

La storia della fattoria didattica e il suo arrivo in italia

Le Fattorie Didattiche affondano le loro radici nei primi anni del XX secolo, quando le aziende agricole di Norvegia, Danimarca e Svezia cominciano ad aprire le loro porte ai “cittadini” per illustrare come si vive in campagna. L’iniziativa risulta così interessante da propagarsi a macchia d’olio in tutta Europa, raggiungendo, negli anni Settanta, anche le coste del Mediterraneo.

L’idea della “fattoria didattica” nasce a partire da un movimento giovanile statunitense datato 1914 e tuttora esistente. Si tratta del Club 4H, dove la lettera “h” sta ad indicare le quattro parole headhealthheart e hand (testa, salute, cuore e mani). L’obiettivo del movimento è quello di promuovere una crescita personale dell'individuo attraverso un metodo di insegnamento racchiuso nello slogan “learn to do by doing (imparare facendo)”.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale le fattorie didattiche arrivano prima in Germania, con l’obiettivo di far conoscere ai ragazzi di città gli animali della fattoria, e poi in Olanda, con il nome di “City Farms” e la funzione identica a quella dell’iniziativa tedesca.

Seguono, negli anni Settanta, le fattorie didattiche dei Gran Bretagna e Belgio. Nel Paese della Regina le City Farms sono utilizzate anche per recuperare luoghi cittadini abbandonati.

L’Italia è l’ultima ad interessarsi a questa nuova forma di insegnamento e accoglie le fattorie didattiche soltanto negli anni Novanta, quando l’associazione Alimos e alcuni imprenditori della provincia di Forlì-Cesena costituiscono una “Rete delle Fattorie Didattiche Romagnole”. Da allora, fino al 2010, il numero delle fattorie didattiche italiane accreditate è arrivato a 1936.

Il contest che premia gli agriturismi sostenibili

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Il tema del rispetto dell’ambiente è particolarmente sentito dai gestori di strutture agrituristiche, come ha dismostrato l’ampia partecipazione al contest “Agriturismo e Sostenibilità” indetto da Agriturismo.it.

Sono stati 300 gli agriturismi che hanno chiesto di partecipare al concorso per dimostrare il loro interesse nei confronti delle pratiche rispettose dell’ambiente e del territorio e il loro impegno a produrre in modo consapevole e responsabile. L’esito del contest è stato l’individuazione delle pratiche a cui gli agriturismi italiani ricorrono maggiormente per dare il loro contributo in favore della sostenibilità. La vendita dei prodotti a km0, freschi o trasformati, direttamente in azienda ricopre la fetta di torta più abbondante, essendo praticata dall’85% delle strutture agrituristiche italiane. Seguono il ricorso a tecniche agricole finalizzate alla riduzione di emissione di CO2, con una percentuale di applicazione dell’83% e la realizzazione di infrastrutture verdi, praticata dal 76% degli agriturismi. Ultima, non per importanza, è l’agricoltura biologica a cui si cerca di sensibilizzare sempre più intensamente negli ultimi tempi. È il 67% delle strutture agrituristiche ad optare per questo tipo tecnica agricola.

Fabrizio Begossi, Product Manager di Agriturismo.it, in occasione del contest, ha espresso il suo interesse a “tenere alta l’attenzione sul tema della sostenibilità ambientale”. Un’agricoltura sostenibile e un turismo responsabile, ha precisato Begossi, “sono alla base della difesa di ambiente e paesaggio. Gli agriturismi, del resto, fanno del luogo in cui sorgono la propria fonte di ricchezza e la tutela del territorio potrebbe costituire un punto di partenza per lo sviluppo della struttura ricettiva in questione. A questo punto, perché non impegnarsi per curare, preservare e rendere migliore il posto dove si vive e si lavora?

Un progetto paesaggistico per Viale Lombardia a Monza

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Il progetto di sistemazione paesaggistica di Viale Lombardia a Monza è stato occasione per intervenire su un’importante arteria stradale conferendole un nuovo significato: non più elemento di divisione tra parti di città, ma di ricucitura e unione tra quartieri. L’intervento commissionato da Salini Impregilo a Lande, società specializzata nel recupero e nella valorizzazione dei paesaggi naturali, urbani ed industriali, ha preso il via nel 2013 per inserirsi nel più vasto programma di connessione tra la S.S. 36 “dello Spluga” ed il sistema autostradale di Milano nei comuni di Monza e Cinisello Balsamo traducendosi, nel tratto che attraversa Monza, in un esercizio progettuale di riqualificazione dell’area contigua attraverso il verde.

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La nuova riconfigurazione di Viale Lombardia a Monza

Il progetto urbano di Lande, si è occupato di ridare dignità al percorso urbano senza cadere nel datato cliché che vuole ogni percorso carrabile trasformato in viale pedonalizzato costeggiato da un doppio filare di alberi. Interrata la viabilità primaria lungo un tratto di 2 km, restano 5 ettari di superficie destinata a parco lineare che incorniciano ad Est il tessuto urbano consolidato residenziale e commerciale, ad Ovest l’area di più recente sviluppo costituita da spazi più aperti e meno densamente edificati. 

Lungo questa imbastitura verde, la nuova configurazione di Viale Lombardia prevede una strada ad una corsia per senso di marcia, due corsie ciclabili, ampi marciapiedi e un’area pavimentata da destinare ad attività varie, separate da fasce di verde connettivo, verde di mitigazione e aiuole spartitraffico con più di 9750  graminacee ornamentali a dividere  il sedime ciclabile da quello stradale.

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Le aree verdi del progetto

Nel nuovo sistema urbano previsto da Lande, le aree verdi del progetto paesaggistico si ancorano all’esistente trama vegetale ad enfatizzare le emergenze urbane e i caratteri paesaggistici del territorio attraverso la piantumazione di alberi “a filare” (Celtis australis), e di arbusti e altre specie (oltre 10 mila) disposti “a siepi” o “a gruppo” (Cornus mas e Nandina domestica tra le altre), scelti secondo  le diverse configurazioni che queste essenze assumeranno nel tempo e prevedendo per ognuna di loro la giusta posizione. Ad esempio, la superficie che ricopre la galleria è occupata da un prato fiorito e da specie arbustive le cui radici ben si adattano agli spessori di terreno disponibile.

L’intervento di sistemazione, non ancora ultimato ma in evidente progresso, ha già riconsegnato l’arteria, ora più funzionale e sicura, alla comunità di Monza, integrandone funzioni e vivibilità con i luoghi urbani prima lasciati al margine.

Il riuso creativo per le decorazioni natalizie

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Il 29 novembre, prima domenica del tempo di Avvento, si sono aperte a tutti gli effetti le porte del Natale 2015. In ogni parte del mondo ci si sta adoperando per tirare fuori l’albero di Natale. C’è qualcuno, tuttavia, che per questo Natale vuole optare per una soluzione alternativa, vuole lasciar perdere davvero il consumismo e dedicarsi al design fai da te e al riuso creativo anche per le decorazioni natalizie.

ALBERI DI NATALE: NON SOLO ABETI

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Sono tanti gli spunti da cui partire per realizzare da soli e con materiali altrimenti destinati ad essere accantonati o gettati nella spazzatura un albero di Natale basato sulla filosofia del “riciclo creativo”. Lo stesso discorso vale per addobbi, decorazioni, festoni, centrotavola e segnaposti, tutti oggetti che si prestano bene alla possibilità di personalizzazione e, se realizzati in autonomia, sono fonte di grande soddisfazione.

Natale 2015: un albero fatto… con gli alberi

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Il legno può essere utilizzato anche per realizzare un originale, economico e sostenibile albero di natale. Tutto quello che bisogna fare è procurarsi un vecchio pallet, uno di quelli che troppo spesso si lasciano ad attirare ragnatele e tarli nell'angolo più remoto del garage. Il passaggio successivo consiste nel rimuovere le assi e i chiodi, per poi procedere alla “ricomposizione” degli elementi, questa volta a forma di albero.

Il legno può essere usato anche allo stato più puro, ricavando i rami dell’albero di Natale proprio da quelli che, una volta, erano i rami dell’albero trasformato in combustibile per i camini. Un’ulteriore possibilità consiste nell’applicazione, alla parete, di tante piccole porzioni di tronco, tagliate in senso ortogonale alle fibre, o di assi lignei, disegnando con essi la forma di un abete.

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Un albero di Natale di libri 

Tante volte capita di guardare la libreria che si ha in casa e rendersi conto che buona parte dei libri in essa contenuti sono stati letti una volta sola e poi messi da parte. È arrivato il momento di riprenderli. Una tendenza non troppo diffusa ma molto originale per utilizzare in modo creativo “la cultura” è quella di creare un albero di Natale proprio con i libri. Ricavare la forma di albero è semplice, basta apparecchiare i filari di testi con un andamento conico. Per la decorazione, invece, si può dare libero sfogo alla fantasia, partendo una collezione di angioletti handmade, per arrivare a palline ottenute da un lavoretto in stile Art-Attack con spago e colla vinilica. Le idee sono tante, ma la fantasia di ciascuno di noi può partorire invenzioni sempre diverse e uniche, per le quali è arrivato il momento di scendere in campo.

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Alberi alternativi: l'addobbo sospeso

Una soluzione un po’ più vista nel corso degli anni, ma sempre di grande impatto estetico e visivo è quella che prevede la definizione di una sagoma tridimensionale di abete appendendo delle palline ad un filo di nylon. Questo, a sua volta, è fissato al soffitto e lascia gli addobbi liberi di fluttuare nell’aria, pur mantenendo sempre una forma riconoscibile. Il risultato è un albero che, alla sola vista, riesce a infondere un senso di serenità, a ricreare un’atmosfera paradisiaca e angelica.

Lo stesso metodo può essere usato anche applicando al filo delle decorazioni fatte a mano, come degli origami impreziositi da una puntina di porporina, delle pigne dipinte in oro e argento oppure dei fiocchetti ricavati a partire dai nastrini di vecchi regali che sono stati tenuti da parte perché “non si sa mai”. Ogni nuova idea è ben accetta e sarà in grado di rendere unico l’albero “fluttuante” che si realizzerà.

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Addobbi riciclati

Il riuso creativo non si presta soltanto alla realizzazione di alberi di natale. Anche per le tavole imbandite a festa, infatti, si tende a cercare soluzioni originali per rendere indimenticabili le serate in compagnia di amici e parenti, all’insegna dell’allegria e del divertimento.

Esistono idee particolarmente originali, perfette per abbellire con semplicità e creatività le tavolate dei cenoni.

I tappi di sughero, che portano tanta fortuna quando cadono addosso direttamente dalle bottiglie, possono essere utilizzati per “disegnare” un alberello segnaposto. Basteranno anche solo tre tappi posizionati a forma triangolare, fissati con qualche goccia di colla e arricchiti da un nastrino rosso per creare la chioma di un albero di Natale in miniatura. Un altro tappo, questa volta orientato in senso verticale, incollato alla base del trio farà da tronco.

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Una composizione di pigne, invece, può diventare un originale centrotavola, impreziosito da qualche candela e un paio di rametti secchi intervallati da una bacca di pungitopo inserita qua e là.

Anche i gomitoli di lana o delle palline ricoperte da uno strato di maglia lavorata a mano, possono essere utilizzati come decorazione. Nella loro tinta originale, dopo una leggera spolverata di porporina, oppure abbelliti da un ricamo particolare, potrebbero diventare, attraverso l’applicazione di un gancino, delle palline per uno degli alberi low cost appena realizzati.

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La “festa del consumismo” all’insegna del rispamio

Le idee che si possono proporre sono veramente tante, ma quello che sta alla base di un’attività del genere è una vera e propria filosofia: si tratta di entrare nell’ottica del risparmio e, soprattutto, del voler evitare gli sprechi economici legati troppo spesso al Natale. Una festa che celebra la nascita di Gesù, povero, vestito solo di stracci, in una capanna martoriata dal freddo gelido diventa la culla del consumismo, dello spreco e dell’eccesso. Mai, come in questo momento dell’anno, si dovrebbe cercare di usare quello che si ha, approfittando anche del fatto che questa scelta mette in moto la fantasia e l’ingegno, oltre a dar vita a decorazioni uniche nel loro genere e sempre originali, proprio perché frutto della creatività di persone diverse tra loro.

Lighthouse See Hotel. Il concorso per riprogettare il faro di Murro di Porco

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Il faro di Murro di Porco, nel siracusano, si erge solitario in un contesto ricco di storia e tradizione, in un paesaggio d’eccellenza pregno di istanze ambientali ed estetiche in cui, complice il tempo, ha perso la sua funzione. YAC (Young Architects Competitions), con la collaborazione di Agenzia del Demanio e grazie al sostegno di Sia Guest di Rimini Fiera, lancia il concorso “Lighthouse See Hotel” per la riprogettazione del faro siciliano da destinare a struttura ricettiva all’avanguardia.

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LE FINALITÀ DEL CONCORSO

Far rinascere l’antico Faro di Murro di Porco (Siracusa) ed inserirlo con il sito all’interno del circuito turistico regionale trasformandolo in una struttura turistico-alberghiera. Questo l’obiettivo del concorso “Lighthouse See Hotel” di YAC, che chiama a partecipare architetti, progettisti, studenti e designers per riprogettare la struttura di segnalazione e così salvarla dal progressivo degrado cui sarebbe destinata come altri edifici costieri.

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Immaginare un nuovo futuro per i fari abbandonati attraverso la tutela della lanterna e l’accostamento dell’architettura contemporanea ad un’emergenza storica, nuova porta verso il mare da cui accedere per partire alla scoperta del territorio. Ispirandosi alle numerose esperienze internazionali sul tema delle architetture costiere, i progettisti potranno misurarsi con un contesto maestoso e un ecosistema lussureggiante, concentrandosi sulle potenzialità ricettive dell’area siracusana. Rientra tra le scelte dei concorrenti la tipologia di struttura, energeticamente sostenibile, della vision progettuale: lighthouse resort, lighthouse landscape hotel, lighthouse sea center, lighthouse art hotel.

GIURIA E PREMI

La giuria di questa edizione è composta da Manuel Aires Mateus, architetto fondatore dell’omonimo studio, Fabrizio Barozzi dello studio Barozzi/Veiga, vincitore del premio dell’Unione Europea per l’Architettura contemporanea 2015 Mies van der Rohe Award,  Pierluigi Cervellati, architetto che ha contribuito a definire la disciplina del “Restauro Urbano”,  Alessandro Marata, presidente del Dipartimento Ambiente e Sostenibilità presso il Consiglio Nazionale degli Architetti e titolare dello studio Arkit, Bruno Messina, docente di Progettazione Architettonica alla facoltà di Architettura dell’Università di Catania, Matteo Agnoletto, associato in composizione architettonica presso la Facoltà di Architettura “Aldo Rossi” di Cesena (UniBo), Giancarlo Garozzo, Sindaco di Siracusa, Roberto Reggi, ingegnere Direttore dell’Agenzia del Demanio dal 2014.

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Al primo classificato sarà assegnato un premio di 8 mila euro; 4 mila al secondo, 2 mila euro al terzo. Sono inoltre previste 2 menzioni gold premiate con un rimborso spese di 500 euro e 10 menzioni d’onore non onerose ma ottenenti visibilità e pubblicità. Ai 30 finalisti sarà riservata la pubblicazione sul sito di Young Architects Competition.

Il concorso prevede la possibilità di registrarsi in tre momenti, con la registrazione “early bird” a 50 euro entro il 20 Dicembre, "standard" a 75 euro entro il 24 Gennaio. Dopo di allora la registrazione avrà un costo di 100 euro. La consegna degli elaborati è fissata al 29 Febbraio 2016.

Tutti i progetti premiati verranno pubblicati su siti Web e format di architettura e saranno esposti in eventi di architettura nazionali ed internazionali.

Per il bando ed ulteriori informazioni si rimanda al sito di YAC .

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